Alcune priorità. Cosa ci aspetta nel nuovo anno pastorale 2020

26/10/2020

Le priorità per l’anno pastorale 2020-2021 (lunedì 26 ottobre 2020)

A partire dal Vangelo, alcune priorità pastorali: comunione fraterna, formazione, famiglia, giovani, carità, missione, comunicazione, riorganizzazione.

Prima lettera ai Corinzi 10,23 - 11,1 23

«Tutto mi è lecito!» Ma non tutto mi è utile. «Tutto mi è lecito!» Ma non tutto edifica

Cosa veramente conta?

Di fronte a questo evento siamo messi a nudo. Cosa conta davvero nella vita?

Ce lo chiediamo anche noi. Cosa non deve mancare e cosa abbiamo invece fatto mancare alla nostra vita e alla nostra fede?

Io ho ricevuto un compito: “Andate in tutto il mondo e annunciate il mio vangelo”. Non ho ricevuto altri compiti. Ma non si tratta solo di me, perché sono vescovo. Riguarda tutti e ciascuno. Infatti ogni cristiano, nel battesimo, ha indossato l’abito di Cristo. Lo stesso abito di Cristo risorto. La veste bianca ci distingue. Siamo somigliantissimi a Cristo, come diciamo di san Francesco.

 

1.Ecco, allora, la prima priorità: annunciare il vangelo!

“Beati quelli che ascoltano la Parola e la osservano” (Lc. 11,28). Ascoltare il vangelo, questa affermazione non è retorica né scontata.

Tutto va bene, ma niente è più importante del vangelo.

Quanto vangelo c’è nella nostra vita?

Rivediamo, riflettiamo, riprogrammiamo la nostra vita e la nostra pastorale.

In queste settimane abbiamo accolto l’ultima enciclica del Papa, ma c’è una lettera non meno importante, che papa Francesco ha pubblicato in occasione del XVI centenario dalla morte di san Girolamo e che inizia con queste parole: Un affetto per la Sacra Scrittura, un amore vivo e soave per la Parola di Dio scritta è l’eredità che San Girolamo ha lasciato alla Chiesa attraverso la sua vita e le sue opere. In questa lettera il papa sente come urgente che vada promossa una formazione estesa a tutti i cristiani, perché ciascuno diventi capace di aprire il libro sacro e di trarne i frutti inestimabili di sapienza, di speranza e di vita.[36].

“Purtroppo – commenta amaramente - in molte famiglie cristiane nessuno si sente in grado – come invece è prescritto nella Tôrah (cfr Dt 6,6) – di far conoscere ai figli la Parola del Signore, con tutta la sua bellezza, con tutta la sua forza spirituale. Per questo ho voluto istituire la Domenica della Parola di Dio,[38] incoraggiando la lettura orante della Bibbia e la familiarità con la Parola di Dio.[39] Ogni altra manifestazione di religiosità sarà così arricchita di senso, sarà guidata nella gerarchia di valori e sarà indirizzata a ciò che costituisce il vertice della fede: l’adesione piena al mistero di Cristo.

Conseguenze pastorali e personali: se dobbiamo scegliere, e possiamo partecipare a una riunione settimanale, quella riunione sia sul vangelo. Se promuoviamo un incontro, anche solo per organizzare una attività, non manchi un brano anche piccolo del vangelo, fosse solo il ritornello dell’Alleluia del vangelo del giorno…

Se dobbiamo scegliere, scegliamo l’essenziale.

Dal vangelo e nel vangelo troviamo senso alla nostra vita.

Lo abbiamo toccato con mano in questi tempi, durante i quali siamo stati messi di fronte alle nostre fragilità. Al pensiero della nostra morte. Dove e chi ci ha aiutato a dare senso a questa eventualità?

Anche se non ci pensiamo o cerchiamo di scacciare questo pensiero, sappiamo che la morte è la cosa più certa della vita.

E se la fede non dà un senso anche alla morte, la fede non serve per vivere.

Eppure la nostra fede è fondata dalla risurrezione di Cristo. Ma spesso è un enunciato… Quante volte parliamo sul senso della sofferenza e della morte …

A un prete che diceva a una signora che stava morendo il marito: “Non ho parole”, quella signora gli replicava: “Tu devi avere parole di senso”.

E, infatti, le parole e l’esperienza di rinascita e di speranza, ci sono! Parole di vita eterna. Dio si è fatto uomo per poterci donare la vita.

I medici possono darci cure e medicine, ma non hanno parole di senso, sul destino della nostra vita e del dopo la morte. Possono curare, guarire, constare la guarigione o la morte. Ma non hanno Parole di salvezza. Possiamo sanificare le nostre mani igienizzandole, ma non santificarle.

 

2.Fraternità.

La seconda priorità, ma è una conseguenza della prima, è fraternità. Il papa ce lo ha ricordato. La chiesa è nata da Cristo, dalla fiducia in Lui. A Pietro che diceva “Tu sei il cristo il Figlio del Dio vivente” (Mt. 16,16), Gesù rispondeva: ”E io, su questa pietra, edificherò la mia chiesa!” (Mt. 16,18).

Su questa pietra fonderò la mia chiesa. Ha detto proprio così: la mia chiesa. Cristo ha fondato la chiesa, la chiesa è fondata sulla fiducia – fede in Gesù. Noi ci fidiamo di Lui.

E Lui cosa ci ha detto? “Voi siete tutti fratelli” (Mt.23,8). La fraternità non è una fratellanza, cioè una virtù morale conseguente all’appartenenza alla stessa razza umana. Pur importante. Noi cristiani crediamo nella fraternità, perché crediamo in Dio nostro Padre. La nostra fraternità, la nostra appartenenza nasce dalla nostra fede in Dio Padre.

Noi non crediamo in Dio. Noi crediamo in Dio Padre. E, conseguentemente, nella nostra figliolanza divina. E quindi nella nostra fraternità.

È ora di rifare meglio il tessuto della nostra fraternità. Siamo tessitori di fraternità.

Un tessuto che, se era sfilacciato anche prima della pandemia, ora lo è ancora di più! Va rifatto!

Nel rispetto delle norme, ricostruiamo la fraternità. Partecipiamo alla comunione fraterna.

Ringrazio tutti coloro che lo hanno capito e si sono attivati.

Partecipare è lottare contro l’individualismo, la piaga di questo secolo. È il virus morale e mortale che ha colpito tutti. Siamo in relazione e non possiamo non esserlo. Con gli altri, con l’ambiente, con Dio. Eppure siamo ancora individualisti.

Suggeriva Mauro Magatti (Avvenire 10.10.20), che siamo interdipendenti: “ce lo ricorda il nostro ombelico che portiamo sulla pancia: noi siamo stati relazione prima ancora di essere individui. Possiamo esistere solo dentro reti di relazioni”.

Cambia di significato anche quel tatuaggio naturale che ci portiamo dalla nascita e ci ricorda che siamo stati concepiti dai nostri genitori e che la nostra mamma, dopo averci concepito, ci ha custodito, partorito, e insieme ci hanno allevato ed educato, per anni!

Quindi partecipare alla vita di comunità, andare alla messa, contribuisce a costruire un mondo meno individualista, più fraterno. Alla messa e non solo.

 

3.Missione.

Il vangelo, la fraternità non sono doni che possiamo tenere per noi, ma ci sono stati donati perché a nostra volta ne facciamo dono. Terza priorità: Una vocazione che diventa missione.

3.1.A partire da dentro la famiglia. La famiglia è la nostra sfida. Genitori, seminate “la musica del vangelo”. Piccole cose, senza copiare le liturgie della chiesa, piccoli segni, ma costanti e aderenti alla vita. Rendete vivo e presente Gesù in famiglia e nel cammino della vostra vita. Non diamolo per scontato.

Poi ognuno dei figli faranno le loro scelte. Ma il segno di croce che avete impresso su vostro figlio il giorno del battesimo, continuate a farlo ogni giorno. E quando i figli diventano grandi, ogni mattina, dategli una benedizione. Festeggiate gli onomastici. Scegliete un santo patrono della famiglia, e quel giorno fate festa. La vita della famiglia cristiana sia seminata dalla Parola del Vangelo. E dalla pratica del Vangelo.

Adottate un povero. Insieme andate a trovare un anziano solo. O telefonategli, o fategli un servizio. O adottate a distanza un bambino.

In questo tempo di coronavirus, abbiamo visto quanto sia importante la famiglia. Una famiglia che prega e una famiglia che vive la carità.

Risorsa importante per la pastorale familiare sono le scuole paritarie cattoliche. Non private, paritarie, che applicano i programmi governativi, e nello stesso tempo si ispirano nell’educazione dei ragazzi ai principi cristiani. Ringrazio i genitori che condividono consapevolmente questo progetto e gli insegnanti e le direzioni: hanno dovuto lottare con i denti per rimanere aperti e fedeli ai compiti educativi loro affidati. Grazie.

3.2. Catechismo parrocchiale

Ce lo ha ricordato Biemmi. Bene i genitori, bene l’esperienza di fede in famiglia, ma la comunità cristiana ha la responsabilità della catechesi, che non può delegare. La formazione degli adulti, l’iniziazione cristiana.

La comunità cristiana si affianca ai genitori, nel cammino di fede.

Una volta in età di catechismo, accompagnateli, con l’esempio, con il dialogo, con una sorridente ma costante presenza. E il catechismo in parrocchia, responsabilità che la parrocchia non può delegare a nessuno, neanche alle associazioni, dovrà cambiare. Meno scolastico e più esperienziale.

Gli adulti assumano la consapevolezza che la catechesi è degli adulti. Sono da lodare quelle iniziative di formazione che coinvolgono gli adulti. Forse è il caso di fare il punto: Apostolato biblico, 10 parole, scuole di comunità, gruppi del vangelo, ecc… senza mortificare o uniformare ma mettere in rete esperienze per mettere al centro il vangelo. E anche per condividerle….

3.3. Il lavoro e la scuola. Altri luoghi di missione. I cristiani che ascoltano il vangelo, lo meditano insieme, lo vivono in comunità e in famiglia, vanno sul posto di lavoro, vanno a scuola, con la gioia di avere scoperto un senso alla loro vita.

3.4.I giovani. È stato detto che sono pochi. È vero. Ma sono sempre molti di più i giovani nelle nostre parrocchie e nelle nostre associazioni che in qualsiasi altro luogo di aggregazione culturale e formativo. Ed è un vanto ma soprattutto una responsabilità. Non scoraggiamoli!

Gli Oratori e le Associazioni sono luoghi attivi e di protagonismo dei giovani. Dei ragazzi e dei giovani. Non solo in estate.

Anche con loro troviamo le strade perché incontrino il Signore. Sono finiti i tempi nei quali li attiravamo con il divertimento. A divertirsi sono più bravi in altri contesti. Gli oratori siano luoghi di formazione e di crescita umana e cristiana. Umana perché cristiana. L’incontro con Gesù umanizza. Non deprime.

Diamo maggiore spazio ai giovani anche nelle nostre liturgie. Ascoltiamoli, non sottovalutiamo quello che ci chiedono. Rendiamoli protagonisti. Non rassegniamoci a vederli allontanarsi o ad annoiarsi. Se incontrano Cristo, saranno anche attratti da lui, come attivatore di senso.

Molti catechisti e operatori Caritas si sono ritirati per età. Si sono fatti avanti forze più giovani. Li ringraziamo.

 

4.Carità.

Se c’è una cosa di cui siamo fieri, anche durante questa pandemia, è stata la testimonianza della carità che la nostra comunità ha saputo dare con costanza e con cura. La chiesa è stata un luogo di fraternità. Luogo concreto dove la parola fraternità si è materializzata. Alla Caritas o nelle associazioni caritative, a nessuno viene chiesto a quale religione, nazione, cultura appartenga. Per il solo fatto che sei uomo, sei figlio di Dio, meriti un sorriso e un aiuto. Anche se non lo sai e non ci credi.

Fa più rumore un palazzo che cade di tante api della carità che costruiscono il loro alveare. Ma noi continuiamo.

Nella carità la chiesa ha continuato ad essere viva. E continua, anche attraverso i giovani. Mettiamo davanti l’esempio di Annalena, di Carlo Acutis, di Benedetta, di Clelia… la loro vocazione è nata da giovani.

Abbiamo visto quanto sono stati e sono importanti i nuovi strumenti di comunicazione. Queste serate non sarebbero state possibili…

Ma sono opportunità che vanno migliorate. Mentre dobbiamo affrontare la manutenzione delle chiese (sono una bella anche se pesante eredità), non dimentichiamo che le nostre risorse dovremmo destinarle sul fronte della formazione.

 

5.La formazione

Era la seconda parola del primo anno. È una conseguenza del calo delle vocazioni. Un tempo si inviavano e si sosteneva la formazione dei preti, erano loro i formatori dei formatori. Ora dovremmo pensare a sostenere la formazione di laici formatori. Teologi e teologhe laici e laiche sono una presenza da tanti anni. Dovrebbe essere così anche nella nostra diocesi.

Ma formazione anche di coloro che sono già attivi nella nostra chiesa, dei tanti operatori pastorali.

Ci sono in diocesi: 76 preti diocesani, 17 preti di altre diocesi e continenti, 15 preti religiosi; 15 diaconi; 500 catechisti, 60 insegnanti di religione, 120 religiose. Una sessantina di Ministri Lettori e Accoliti e altrettanti di ministri straordinari della comunione. E poi i capi scout, gli animatori dell’azione cattolica, i movimenti, migliaia di persone. Chi forma tutte queste persone?

Vorrei qui sottolineare l’importanza della presenza dei religiosi e delle religiose nella nostra diocesi. Sia quelli vita attiva che di vita contemplativa.

Sono importanti non solo per quello che fanno, ma per la scelta di totale consacrazione della loro vita. Essi ci insegnano a mettere al centro della vita il vangelo, ci danno l’esempio di vita fraterna. E di formazione permanente.

Così come la presenza viva e vivace delle Associazioni e dei Movimenti. Sono una ricchezza per la vita della comunità e li ringrazio per la testimonianza di comunione e di collaborazione fra loro e con il cammino della diocesi. Siete importanti per l’annuncio del Vangelo e il rinnovamento della chiesa.

Dicevo e torno a sottolineare: la formazione non è un optional. Lo abbiamo visto anche nel corso di questa pandemia.

Faccio due esempi negativi. Qualcuno aveva detto che usare i guanti era un sacrilegio. Lo confermava anche il Card. Sarah che notoriamente non è uno spericolato teologo progressista, non è un sacrilegio usare i guanti nell’amministrazione dei sacramenti… Altri, pochi, non fanno la comunione fino a quando non potranno riceverla direttamente in bocca. Affermazioni avventate e frutto dell’ignoranza. Ma l’ignoranza della e nella religione può creare mostri. Soprattutto quando si sposa con la presunzione.

 

6.I mezzi di comunicazione: luogo e strumento di missione

Mentre chiedo di ricostruire la fraternità dal vivo, nei limiti del possibile, e sempre di più quando usciremo da questo incubo, non dimentichiamo la risorsa dei mezzi di comunicazione, vecchi e nuovi. Non dimentichiamo il settimanale, il sito diocesano, i tanti siti e news, lettere associative e parrocchiali. I social sono sempre più importanti. Sia per la formazione che per la preghiera. Sia per i collegamenti che per le comunicazioni. Ma facciamo comunione anche su questo. È lungo l’elenco degli strumenti di comunicazione, un coordinamento diocesano e inter-diocesano che sia a servizio della crescita della fraternità è sempre più necessario. Anche per contrastare le tante falsità che circolano facilmente….

 

Pane - Parola - Poveri e Popolo di Dio. Le quattro P di quest’anno. Mi rifaccio all’intervento di apertura dell’anno pastorale e riprendo le parole di papa Francesco rivolte a Bologna nel 2017: Nel cammino della Chiesa giunge spesso la domanda: dove andare, come andare avanti? La prima è la Parola, che è la bussola per camminare umili, per non perdere la strada di Dio e cadere nella mondanità. “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”

La seconda è il Pane, il Pane eucaristico, perché dall’Eucaristia tutto comincia. È nell’Eucaristia che si incontra la Chiesa. Da qui si parte e ci si ritrova ogni volta, questo è l’inizio irrinunciabile del nostro essere Chiesa. La Chiesa si raduna così, nasce e vive attorno all’Eucaristia, con Gesù presente e vivo da adorare, ricevere e donare ogni giorno. “Lo riconobbero allo spezzare il pane”

Infine, la terza P: i poveri. Ancora oggi purtroppo tante persone mancano del necessario. Ma ci sono anche tanti poveri di affetto, persone sole, e poveri di Dio. Il Card. Lercaro amava vedere incisa sull’altare: «Se condividiamo il pane del cielo, come non condivideremo quello terrestre?».

Ci farà bene ricordarlo sempre. La Parola, il Pane, i poveri: chiediamo la grazia di non dimenticare mai questi alimenti-base, che sostengono il nostro cammino. Il cammino del popolo di Dio. Un popolo che ha bisogno di rifare il tessuto della fraternità. Ogni anno, san Francesco andava da Chiara per farsi cucire la tunica. Ogni anno, anche noi ci ritroviamo a convegno per lasciarci plasmare dal Signore e riprendere il cammino insieme. Annalena: condivideva la sua vita, con i poveri, ogni giorno si alimentava della Parola di Dio.

 

Infine una parola sulla riorganizzazione.

Non finisce qui, abbiamo interrotto il cammino di riorganizzazione della diocesi. Ma la riorganizzazione non si compie se non approfondiamo i motivi della nostra fede e del nostro stare insieme. Emerge sempre di più il ruolo dei laici, della corresponsabilità laicale.

Non siamo un’azienda né un’impresa; siamo il Popolo di Dio, famiglia di Dio! E se custodiamo e alimentiamo l’amore di Dio e dei fratelli, troveremo anche le modalità per stare insieme, camminando spediti e liberi, abbandonando quello che c’è da abbandonare, cambiando quello che c’è da cambiare, ma non lasciando quello che veramente conta.

La famiglia cambia casa, ma per crescere nell’amicizia e nella fraternità.

La comunione ecclesiale “attraente e luminosa” è il nostro più importante contributo all’amicizia sociale e alla fraternità universale di cui c’è tanto bisogno nella politica e nella società.

Ricordiamo oggi, San Mercuriale, primo vescovo, nel giorno della sua festa, insieme a san Rufillo, nostri compatroni, ci insegni ad unire lo sforzo nella lotta contro i pericoli che ci minacciano oggi, dentro e fuori la chiesa.

Santa Maria, Madonna del fuoco patrona della nostra diocesi, ci salvi dalle fiamme distruttrici, ma ci scaldi del suo amore e della sua fede, e ci salvi dalla paura e dallo scoraggiamento. Non c’è distruzione che ci impedisca, con il suo aiuto, a ripartire, come è già successo. Ma solo se la nostra fede rinasce, nuova, sapremo attraversare anche questo tempo così difficile per noi e per il mondo intero. e le nostre beate: Beata Benedetta e Beata Clelia, pregate per noi!