Padre Pietro Leoni

Testimone di fede nei gulag sovietici

L’1 gennaio 1909, nasceva a Montaltovecchio di Premilcuore padre Pietro Leoni, gesuita, missionario in Ucraina che dal 1945 al 1955 fu condannato dal regime comunista a 10 anni di lavori forzati nei gulag staliniani. Fu lo stesso padre Leoni a raccontare la sua vicenda dopo il suo ritorno in Italia nell’autobiografia Spia del Vaticano! (Roma 1959) con la prefazione di Piero Bargellini.

Padre Leoni dopo l’ingresso nel seminario di Modigliana nel 1922 era entrato a far parte della Compagnia di Gesù nel 1927. Studiò poi al collegio Russicum voluto dal Papa per preparare i sacerdoti che avrebbero svolto il ministero in Unione Sovietica e nel 1936 accolse l’invito del Generale dei Gesuiti ad offrirsi per la missione in Russia. Qui comincia il racconto di padre Pietro in Spia del Vaticano!: la prima esperienza come cappellano militare nel 1941, il ritorno in Ucraina nel 1943 dove nel 1945 viene arrestato assieme a padre Nicolas un religioso francese che era rimasto con lui ad Odessa dopo l’arrivo dei Russi, la lunga inchiesta e la condanna senza processo a 10 anni di lavori forzati, che con la seconda condanna diventeranno poi 25.

Fu portato davanti a padre Nicolas per il confronto: il sacerdote francese lo aveva accusato ingiustamente di essere una spia, ma padre Leoni, pur proclamando la sua innocenza, non ebbe mai parole di condanna nei suoi confronti e tra lo stupore dell’ufficiale russo e dello stesso padre Nicolas si gettò ai suoi piedi per chiedere l’assoluzione.

Nelle terribili condizioni dei gulag, con la temperatura che arriva anche a 60 gradi sotto zero, il gesuita si distinse, come già durante i mesi dell’inchiesta, per il coraggio con cui continuò a testimoniare la verità e ad esercitare il suo ministero stupendo i compagni di prigionia e anche i suoi aguzzini per la sua fede e la sua libertà. Rischiando varie volte di essere ucciso padre Leoni prega, celebra i sacramenti, catechizza e converte diversi compagni di prigionia vivendo nel gulag, racconta lui stesso, come se fosse la “sua parrocchia”.

Tornato in Italia nel 1955 fu accolto trionfalmente, tornò a Premilcuore e a Roma Pio XII lo ricevette in udienza. Don Francesco Ricci, anche lui cresciuto a Premilcuore e che il 28 maggio 1939 aveva servito come chierichetto alla prima messa di padre Leoni lo incontrò a Roma e scrisse su il Momento un articolo nel maggio 1955 dal titolo “Ho parlato con padre Leoni”: “Un giorno si scriverà forse la storia della conversione della Russia. Chissà se il nome di questo eroico testimone di Cristo (egli non ha mai mentito né taciuto o camuffata la sua fede e il suo sacerdozio) sarà citato come quello di uno degli artefici del nuovo trionfo? Chissà? Il suo nome intanto è impresso in ciascuno dei nostri cuori, poiché egli certamente uno dei migliori tra noi, per ciò che ha sofferto e per come ha saputo soffrire”.

Era però il tempo del “disgelo” e padre Leoni si accorse ben presto che la sua presenza dava fastidio, chiese di tornare in missione. Andò in Canada tra i profughi russi dove rimase fino alla morte avvenuta il 26 luglio 1995 a causa di un malore. Continuò la sua missione per la verità con la stessa tenacia e la stessa passione, fu anche direttore nazionale della Apostolato mondiale di Fatima, direttore dei gruppi di preghiera di Padre Pio e giornalista.

 

Per saperne di più: Pietro Leoni di Alessandro Rondoni e Mara Quadri (ed. La Casa di Matriona, 1999).