Messaggio alla città per la festa di San Mercuriale 2020

25/10/2020

Carissimi forlivesi, nel messaggio di quest’anno vi parlerò di amore. Niente riempie la vita e dà significato alla vita quanto l’amore.

Non pensate che sia un discorso riservato soltanto agli innamorati. Tutti abbiamo bisogno di respirare amore. E la proposta cristiana è proprio nella sfida di portare l’amore in ogni punto della terra, in ogni ambito di vita, in ogni momento della vita. E, come ce lo ricorda la Parabola del buon Samaritano, l’amore di per sé necessita di atti concreti, di tempo donato, di gentilezza, di generosità e di pietà.

Amore donato e ricevuto. Siamo grati all’amore che abbiamo ricevuto.

Non ci ha parlato di amore anche questo tempo? Ad una lettura superficiale, è facile pensare che questo tempo ci parli solo di angoscia, di fragilità, di malattia e di morte. Dov’è, dunque, l’amore?

Eppure, se non fossero stati guidati dall’amore, i medici e gli infermieri non avrebbero dato tutto se stessi per gli ammalati. Sono andati anche oltre o, meglio, hanno vissuto in modo pieno la loro professione. Così, allo stesso modo e con lo stesso impegno, ci hanno regalato amore i sindaci, gli operatori sanitari, i farmacisti, gli edicolanti, le commesse. Hanno fatto più del loro dovere. E lo stesso vale per i nostri parroci e i nostri preti, che ci hanno fatto sentire che l’amore li guidava, che non si sono arresi di fronte alle tante difficoltà e che ci hanno fatto sentire comunità.

Sì, questo vorrei sottolineare oggi: come san Mercuriale ha lottato contro i pericoli e le minacce del suo tempo, così oggi noi tutti dobbiamo ringraziare il Signore, sorgente di ogni vero amore, perché davanti alle difficoltà e ai bisogni, c’è stata la volontà condivisa di non lasciare nessuno da solo. La parola “comunità”, al di là di tanti limiti e difetti, si è dimostrata una parola autentica; grazie alla comunità abbiamo potuto sperimentare l’amicizia sociale, di cui papa Francesco parla nell’ultima enciclica “Fratelli tutti”. E la fraternità è amore.

“Un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare pienezza “se non attraverso un dono sincero di sé”. “Siamo fatti per l’amore e c’è in ognuno di noi” una specie di legge di “estasi”: uscire da noi stessi per trovare negli altri un accrescimento di essere” (F.T. 88). Solo a contatto con gli altri maturiamo umanamente le virtù migliori. Le migliori virtù umane senza la carità sono incomplete.

“L’amore implica dunque qualcosa di più di una serie di azioni benefiche. Le azioni derivano da un’unione che inclina sempre più verso l’altro considerandolo prezioso, degno, gradito e bello, al di là delle apparenze fisiche o morali. L’amore all’altro per quello che è ci spinge a cercare il meglio per la sua vita. Solo coltivando questo modo di relazionarci renderemo possibile l’amicizia sociale che non esclude nessuno e la fraternità aperta a tutti” (F.T. n. 94).

Vi ho appena letto uno dei passaggi più importanti dell’enciclica di papa Francesco, sull’amicizia sociale e sulla fraternità universale.

 

Politici e amicizia sociale

L’amore nutre l’amicizia sociale verso gli appartenenti alla propria comunità e si espande, non ha confini, abbracciando la fraternità universale verso tutti gli uomini e le donne in quanto figli e figlie di Dio.

In particolare vorrei rivolgermi agli amministratori che in questi mesi hanno servito con passione e amore le nostre comunità, e a tutti i politici che sono stati chiamati a servire il bene comune, di riflettere su questo passaggio dell’enciclica, di raccogliere la provocazione di queste domande.

A questo proposito, rivolgendosi ai politici, papa Francesco suggerisce un esame di coscienza: i politici, riflettendo sul proprio passato, non si porranno la domanda: “Quanti mi hanno approvato, quanti mi hanno votato, quanti hanno avuto un’immagine positiva di me?”. Le domande, forse dolorose, saranno: “Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato?” “Pensando al futuro, in certi giorni le domande devono essere: “A che scopo? Verso dove sto puntando realmente?” (F.T. n. 197).

L’invito, allora, è che l’amore non resti fuori dalle aule consiliari o dalle sedi delle giunte comunali, e che nel confronto autentico sulle diverse opinioni e proposte non si perda mai di vista lo scopo e lo stile.

Negli interventi pubblici, il rispetto alle persone, anche nelle parole e nelle azioni, deve essere esemplare. I consigli comunali non sono dei talk show, sono la celebrazione della democrazia. Come le discussioni familiari, che non devono imitare le soap opera.

Sono andato a rileggere i discorsi degli anni scorsi, nei quali in fondo dicevo le stesse cose. Ma bisogna insistere. Avessimo anche ragione, le parole e lo stile sono sostanza. E fanno migliorare o peggiorare la comunità. Le parole sono pietre. Non solo quando contengono falsità e vanno contro l’ottavo comandamento, ma quando, in un certo senso, feriscono e vanno contro il quinto comandamento.

È proprio in questi momenti che siamo chiamati a credere nella forza dell’amore e del dialogo.

Constatava amaramente papa Francesco nell’enciclica: “Predomina l’abitudine di screditare rapidamente l’avversario, attribuendogli epiteti umilianti, invece di affrontare un dialogo aperto e rispettoso, in cui si cerchi di raggiungere una sintesi che vada oltre. Il peggio è che questo linguaggio, consueto nel contesto mediatico di una campagna politica, si è talmente generalizzato che lo usano quotidianamente tutti. Il dibattito molte volte è manipolato da determinati interessi che hanno maggior potere e cercano in maniera disonesta di piegare l’opinione pubblica a loro favore” (F.T. 201).

 

Poveri e risposte

In questi mesi, la prima preoccupazione è stata che i più bisognosi non fossero lasciati indietro e non fossero dimenticati. Questo ci pare non sia successo, anche per il contributo fortissimo e spesso nascosto (ma non dai beneficiari) del volontariato. Anche cristiano. L’unione delle forze ha dato buoni frutti. La lotta alla povertà non deve venir meno. Nella nostra città, anche per merito di coloro che ci hanno preceduto, nessuno è costretto ad elemosinare, perché per ogni necessità c’è una risposta concreta ed immediata. Mense, dormitori, vestiti, ascolto, sono disponibili e raggiungibili da tutti. Liberamente una persona può chiedere l’elemosina e una persona è altrettanto libera di offrirla, ma per quello che chiede, c’è già una risposta concreta.

La lotta alla povertà non deve diventare mai rifiuto del povero. A chi è in stato di necessità sia data la possibilità di una attenzione amorevole. L’unica vera emergenza, e lo sarà ancora, è la mancanza di lavoro. Nell’enciclica papa Francesco fa questo esempio: “Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica (F.T. 186).

Anche se occorre precisare che il politico favorisce le condizioni perché aumentino i posti di lavoro, che sono frutto delle attività di intrapresa delle parti sociali.

 

Adulti e giovani

Viviamo tempi difficili, i nervi sono tesi, i conflitti sempre più frequenti, le incertezze e le difficoltà per il futuro ci rendono tutti insofferenti. I giovani e i ragazzi sono disorientati e impauriti e guardano a noi per trovare fiducia nel futuro. Ma, nel tempo della chiusura, molti giovani, hanno saputo dare una testimonianza di solidarietà concreta, con energia e gentilezza. Pensiamo a loro ed evitiamo di alimentare ancora di più tensioni e paure. Il loro futuro ci spinge a fare ogni sforzo per non dimenticare la drammatica situazione dei cambiamenti climatici. La ricerca di un vero sviluppo sostenibile. Che si concretizza in alcune scelte individuali come, per esempio, nel piantare alberi, nel compiere con correttezza e scrupolo la raccolta differenziata, adottare stili di vita compatibili con il rispetto dell’ambiente. E, in ambito economico, con scelte produttive eco sostenibili.

Tutto è connesso. San Francesco d’Assisi, ci ricorda papa Francesco, «ha ascoltato la voce di Dio, ha ascoltato la voce del povero, ha ascoltato la voce del malato, ha ascoltato la voce della natura. E tutto questo lo trasforma in uno stile di vita. Spero che il seme di San Francesco cresca in tanti cuori» (F.T. 48).

 

San Mercuriale e integrazione

La ricerca del dialogo e della fraternità non deve cedere alla tentazione di “eliminare tutte le differenze e le tradizioni in una superficiale ricerca di unità” (F.T. 100).

San Mercuriale, come confermano gli studi scientifici, era di origini armene ed è venuto fino a noi a portarci la fede, quale messaggero di belle notizie. È stato accolto ed ha contribuito in modo potente alla crescita umana e cristiana delle nostre popolazioni e la sua luce continua a brillare. Le sue origini non possono non farci ricordare le condizioni in cui si trova oggi la popolazione armena e le vicende drammatiche che ha subito nella sua storia, anche recente. La ricerca della pace è frutto di dialogo, conoscenza e accettazione delle differenze, rispetto dei valori umani, della giustizia e della dignità di ogni persona. Questo vale per gli armeni e vale per tutte le persone che incontriamo ogni giorno. E la profondità degli ideali di vita è verificata nella sua verità quando sono messi alla prova.

 

Un nuovo inizio con metodo

Cari fratelli e sorelle, le nostre virtù personali e sociali sono messe alla prova. È più facile fare del bene quando si sta bene, è più difficile quando si deve condividere, spezzare il pane con chi è nel bisogno. Privarci anche del necessario. Non è questo il caso di questi tempi, ma i nostri padri ci hanno insegnato e testimoniato una solidarietà e una fraternità concreta nelle calamità passate. Quello che conta è salvarci insieme. Noi abbiamo un esempio di come, se tutti uniti, possiamo realizzare dei sogni. Anche noi, come Genova, abbiamo un ponte realizzato, anzi due: l’Aeroporto e il Corso di Laurea di medicina e di chirurgia. In particolare, la realizzazione di quest’ultimo sogno è stata veloce e condivisa. Per il bene della città e del futuro dei giovani. Questo metodo sarà importante tenerlo ben presente, in questo difficile momento ma soprattutto per la ricostruzione del dopo coronavirus.