Omelia a Dovadola nell'84° anniversario della nascita di Bendetta Bianchi Porro 2020

08/08/2020

Potremmo comprendere il vangelo, la missione di Gesù, senza contemplare il suo rapporto con Dio? O senza considerare la condivisione profonda con il Padre?

Sono domande retoriche, naturalmente. È un po’ come guardare i frutti dell’albero e dimenticare le radici, o guardare la luna e ignorare il sole, oppure lodare la bellezza della figlia o del figlio quasi fossero senza genitori…

Il vangelo che abbiamo appena ascoltato ci rammenta l’episodio che sempre ci appare incredibile e affascinante di Gesù che ha appena compiuto un miracolo straordinario: ha infatti dato da mangiare a 5000 uomini e ad un numero almeno altrettanto sterminato di donne e bambini…. Dopo una giornata di discorsi lungo il lago Tiberiade, invece di accettare i consigli dei discepoli che lo pregavano di congedare la folla perché tutti andassero a cercarsi da mangiare, Gesù propone – con il suo linguaggio sempre chiaro e sempre sconcertante: “Date voi stessi da mangiare”. E i discepoli, allibiti, replicano: “Non abbiamo il cibo necessario”. Gesù non demorde e rilancia: “Quanti pani avete?”. La sconfortata risposta non lo scoraggia: “Solo cinque pani e due pesci”. E Gesù compie il miracolo della condivisione che moltiplica il poco in tanto per tutti.

Ma non è finita. Mentre per tutti lo scopo è raggiunto, si realizza il sogno di un maestro che sazia non solo la mente e il cuore ma perfino lo stomaco, Gesù viene preso da una frenesia incomprensibile, strattona i suoi discepoli costringendoli ad andare sulla barca per precederlo sull’altra riva e congeda la folla (non oso pensare come, stringendo la mano a tutti?). Mi chiedo: ma cosa aveva di tanto importante da fare, di tanto urgente, se non di andare a riposare come meritava? Si ritira da solo a pregare. In disparte, sul monte.

Ha un appuntamento importante. Così importante da risultare essenziale, più del cibo che ha appena offerto. Deve connettersi con qualcuno. Ma non lì in mezzo alla folla, e neanche in mezzo ai discepoli, e neppure sulla barca (nonostante in altre occasioni lo avesse fatto) non c’è campo, deve collegarsi con il Padre.

Gesù va sul monte a pregare, perché per Lui è la cosa più importante, pregare. Nella preghiera silenziosa e solitaria, Gesù trovava pace.

Attenzione: quando dico pregare non pensate al vostro modo di pregare, ma al suo modo di pregare.

Solo dopo aver pregato, ritrova la via dell’incontro con i suoi discepoli. E ritorna a cercarli. Non aspetta nemmeno che attracchino sulle sponde del lago. Sì, c’è una tempesta, c’è il vento contrario, la barca è agitata dalle onde, ma insomma i suoi discepoli sono dei pescatori, dovrebbero sapersela cavare. Non rinvia l’incontro, ma li raggiunge camminando sulle acque.

Sappiamo come va a finire. Loro lo scambiano per un fantasma. Lui li rassicura, coraggio sono io, non temete!

E dopo le esitazioni di Pietro, che rappresenta bene le nostre paure, tutti quelli che sono sulla barca dicono: Veramente sei Figlio di Dio!

Ho pensato ad un altro brano che ci racconta di una tempesta in mezzo al lago, ho ripensato alla scena di quando, venuta la sera, Gesù sulla barca dorme tranquillo, mentre la nave è squassata dalle onde, e mi sono andato a rileggere il commento proprio a quel brano fatto da Papa Francesco, nella sera piovosa del 27 marzo, quando ombre fitte ci avvolgevano, e avevano oscurato il mondo intero. Gesù in mezzo alla tempesta c’era e c’è, sempre. Quelle ombre ancora non sono finite.

E ho pensato anche a Benedetta, alla nostra Benedetta, che di ombre fitte, di mare in burrasca, di vento contrario, di prove, nella sua breve vita ne ha dovute attraversare veramente tante. Oggi è l’otto agosto, giorno del suo compleanno. Un giorno bello di festa per tutti, ma anche di tanta amarezza per la mamma, il papà i suoi fratelli e sorelle. Fare festa, in quelle condizioni, non è facile. Anche per noi, fare festa oggi per Benedetta, non è facile. Certo, abbiamo superato un momento difficile e speriamo che non ritorni. Ma non dobbiamo dimenticare coloro che sono nel pieno della tempesta.

Come per Gesù, potremmo comprendere Benedetta senza il suo rapporto profondo con Dio?

Benedetta, come Gesù, non si è mai arresa davanti alle tempeste della vita. E la risorsa non la trovava nelle medicine, ma nella sua fiducia in Dio. Sembra paradossale ma, più soffriva, più trovava luce e amore nella sua vita.

L’appello di Gesù “Coraggio sono io, non temere”, lo sentiva vicino e vero. Diceva Benedetta: "Non cercare Dio lontano perché è vicino a te"; sono parole che sentiremo ripetere più volte anche dopo, durante il recital preparato da Quelli della Via. "Non cercare Dio lontano da te perché è vicino a te è dentro di te; accetta con semplicità la parte che Dio ti ha dato".

Come tutte le ragazze, Benedetta aveva dei sogni da realizzare: studiare, amare, insegnare, tutti sogni e desideri apparentemente spazzati via dalla malattia.

Eppure, il sogno di un amore più grande Benedetta lo ha realizzato. Lei è nata per amare. È stata accompagnata sempre dall’amore di Dio.

Qui è sbocciata la sua vita e qui non smette di profumare con la sua presenza.

Dove è nata ha voluto tornare per sempre. A Dovadola è nata e a Dovadola è sepolta. Ha voluto lei farci dono della sua presenza.

Sono 50 anni che è qui, ma è un seme appena seminato. I frutti ancora non si vedono.: la paura, il buio, le incomprensioni sembrano prevalere sulla luminosità della fede.

I sogni di una ragazza dovadolese, morta mentre una rosa bianca spuntava nel freddo dell’inverno, si realizzeranno ogni qual volta che, come lei, sapremo imitare Gesù, l’amore della sua vita, che trovava sempre tempo per Dio. Chiedere che ella diventi compatrona di Dovadola vuol dire proprio questo: ringraziarla per aver voluto stare con noi. E noi con lei. E abbracciare e vivere dei sogni che lei ha vissuto. Dio è la nostra salvezza.

Ma Gesù ci insegna che Dio si trova nel silenzio e nella pace. Per connettersi con Lui bisogna salire in alto, far tacere il nostro egoismo, fidarsi di Lui. Solo allora la tempesta si placherà e sapremo trasformare, come Benedetta, anche il male in bene, il dolore in gioia di vivere. Sia davvero patrona dei nostri cuori