Omelia a Dovadola sulla tomba di Beata Benedetta 2020

23/04/2020

Carissimi, tre mesi fa, quando abbiamo pregato nella prima memoria liturgica di Beata Benedetta, non pensavamo di dover ricorrere a lei perché, anche noi, come lei, dovessimo essere sostenuti dalla fede in Cristo, per sperimentare nelle prove della vita la gioia di amare Dio sopra ogni cosa.

E che prove! Prove inedite, che rimarranno nella nostra memoria per sempre e negli anni a venire. Sperando, soprattutto, che non si ripetano in queste dimensioni e con tanta gravità. Ora sono qui accanto al corpo di Benedetta, a celebrare l'eucaristia con il parroco don Saverio, il sindaco, in rappresentanza di tutti cittadini di Dovadola, per invocare dal Signore il dono della guarigione da questa pandemia che tanti lutti e sofferenze ha creato e sta creando nel mondo intero e anche nella nostra Diocesi. Abbiamo fiducia nella preghiera di Benedetta, perché già una volta ha chiesto e ottenuto quello che non chiedeva per lei, la guarigione di una sua amica a Lourdes.

Lei e forte nelle richieste per gli altri e non per sé stessa.

Beata Benedetta, come abbiamo fatto in tanti di noi in queste settimane, ti preghiamo: infondi coraggio e fiducia ai nostri ammalati e ai loro familiari. Siamo qui anche per trovare luce e coraggio e ripartire da questo trauma con amore, con fiducia e speranza. Siamo qui per compiere il secondo passo sul cammino della speranza. Il primo lo abbiamo compiuto domenica affidandoci alla Madonna del Fuoco. I contagi sono calati, così pure i decessi. È il momento di pensare a riprendere a vivere. È il momento, non subito, di ricominciare. Ma non vogliamo ritornare come prima, vogliamo uscirne meglio di prima, pur sapendo che la storia ci insegna dalle esperienze passate che non sempre è così. Non sempre da una calamità o da una catastrofe l'umanità ha saputo uscirne migliore. Dobbiamo scegliere.

Per questo siamo qui, a ripartire dalla capacità di amare di Benedetta anche in una condizione di immobilità, di malattia, di prossimità alla morte.

"Dio ad ogni prova ci guarda, ci parla e ci consola" così diceva spesso a chi la incontrava. Ecco la salvezza che ci propone Benedetta: nulla ci potrà mai separare dalla possibilità di amare e di sentirsi amati dal Signore. È la speranza cristiana di chi sa amare, di pensare agli altri anche quando tutto direbbe di pensare a sè stessi, e ne avrebbe ben motivo. Non solo, ma anche nei confronti del Signore, Benedetta non manifestava sentimenti di delusione o di risentimento.

Provava invece sentimenti di gratitudine, trovando in Lui la vera forza per sostenere la sua condizione di malata senza prospettive umane, vedendo in Dio una risorsa per questa vita e per la vita futura.

Una prospettiva che va oltre la guarigione, per forza provvisoria, ma che getta lo sguardo oltre questa vita.

Abbiamo tutti scoperto la fragilità. Ma non perché prima fossimo forti, semplicemente perché tendiamo a rimuovere la nostra debolezza e finitezza. Il nostro destino non è eterno su questa terra. Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. I cristiani sono per la difesa della vita, di ogni vita, amano la vita e sanno donare la vita per salvare delle vite umane. Credono nella vita eterna, sperano nella vita eterna, tuttavia lottano fino alla morte per difendere e custodire le vite, anche le più fragili, per consentire a tutti una dignità di vita. Sembra davvero paradossale: per amore della vita, donano la vita.

Per questo abbiamo invitato a pregare con noi sulla tomba di Benedetta un medico ed un infermiere, Paolo ed Alessandro, che hanno lottato in queste settimane in quello che poteva essere il luogo più infernale della nostra città, la terapia intensiva per malati di covid-19.

Un luogo da cui sfuggire, e invece ogni giorno entravano in quel reparto, dopo essersi vestiti con i paramenti della vita propria e altrui e sono andati a curare i malati. Come andare in un altro pianeta. Hanno fatto di tutto per mantenere i malati in contatto con i familiari. Alcuni dei loro assistiti sono morti, lontano dai familiari e dagli affetti. Ma loro si sono fatti tramite degli ultimi saluti. Siamo qui anche per ringraziarli. Erano la mano di Dio Provvidente, che ha guidato la loro mano, la loro professionalità, il loro cuore, la loro umanità. Li ringraziamo.

Concludo con le parole di Gesù che danno senso sia a coloro che sono curati sia a coloro che curano: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sè stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”.

Siamo qui da te, Benedetta. Mai così vicini. Mai così desiderosi di assomigliarti. Mai così ammalati, mai così disperati, o angosciati, mai così bisognosi di ricevere dalla tua vita e dalla tua fede la gioia di vivere anche in questi momenti, la gioia di essere in compagnia di Gesù. Benedetta, donna della speranza, prega per noi!