Omelia a Galeata nell'anniversario di don Giulio Facibeni 2020

02/06/2020

Alla ripresa del tempo ordinario, che ci parla di ferialità e quotidianità della vita (e quanto desideriamo riprendere, seppur con tutti i limiti, una vita quasi normale…), in questo tempo segnato dal colore verde della liturgia, la prima lettura ci ricorda la prospettiva della nostra vita: cieli nuovi e terra nuova. Il tempo pasquale appena terminato ci ha ricordato il nostro destino, il destino della nostra vita. Ma se è stabilita e decisa la prospettiva, non è meno importante la realtà quotidiana che stiamo vivendo e sulla quale san Pietro ci ricorda: nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia. Operosità senza sosta, ma nella pace del cuore. Come anche nella lettura della messa della vigilia di Pentecoste, san Paolo ci ricordava: “Siate in pace con Dio”.

Don Giulio Facibeni era un uomo dalla operosa carità che custodiva nel cuore la pace, dono di Dio ai suoi servi fedeli.

Perché abbiamo voluto ricordare proprio questa sera don Giulio Facibeni? Non lo chiedo per giustificarmi, ma per motivi comprensibili a tutti e che qui ricordo e oserei dire doverosi. Avremmo potuto ignorare la sua figura oggi, giorno della sua nascita al cielo 62 anni fa? Insomma, perché lo ricordiamo quest’anno e non lo abbiamo fatto, ad esempio, l’anno scorso?

Il 12 dicembre scorso, Papa Francesco ha dichiarato Venerabile don Giulio e questo significa che tutto quello che si poteva fare per dimostrare le virtù eroiche della sua vita è stato fatto. Adesso manca solo che un miracolo confermi la possibilità di dichiararlo per la chiesa beato.

Fino agli anni scorsi, pregavamo soprattutto per lui; ora, invece, possiamo – con il consenso della chiesa – pregare il Padre per intercessione del venerabile don Giulio.

Don Giulio Facibeni è vissuto e ha operato a Firenze; è nato il 29 luglio 1884 a Galeata, dunque è figlio di questa terra. La sua famiglia, fino al 1911, è vissuta a Galeata; si è poi trasferita a Rifredi da don Giulio, che ha provveduto al suo sostentamento. Egli stesso, don Giulio, narrano le cronache, è stato ordinato diacono il 21 settembre 1907 nella cattedrale di Forlì!

Non solo, ma la sua figura ha lasciato una traccia con la presenza di una comunità qui a Galeata. Una comunità dell’Opera della Provvidenza Madonnina del Grappa presente e viva da tanti anni. Non è semplicemente un ricordo tramandato dai libri di archivio, ma è una realtà molto viva.

Celebrare la santa messa, quindi, è motivo per noi per dire grazie al Signore per un figlio di questa terra che ha fatto onore nella chiesa e nel mondo.

Dico alla chiesa e al mondo. Il bene non ha confini. Nel vangelo, quando Gesù dice: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio» dove si distingue per sempre e non si confonde la missione della chiesa con l’attività politica, sembra che Egli getti dei confini invalicabili, invece con quelle parole conferma e illumina anche l’opera di don Giulio.

L’opera di don Giulio è nata dalla carità, dalla sua scelta fin da giovane di donare tutta la sua vita a Cristo e al Vangelo, ma le conseguenze di questa opera caritativa sono state di grande beneficio sociale per tutti. La carità non ha confini, è disinteressata, gratuita, soccorre i più poveri e i deboli, e non è mai chiusa dentro i confini della chiesa. Anzi, se non arriva ai poveri, non è vera azione ecclesiale.

Anche solo leggendo la biografia di don Giulio si comprende quanto sia tanto importante per Firenze e l’Italia tutta la sua figura. Diceva il Venerabile sindaco di Firenze, proprio qui, a Galeata nel 1964 “…Noialtri, il signor La Pira e tutti gli altri, sapete da dove si viene? Si viene da don Giulio Facibeni. Siamo tutti quanti figli suoi, veramente siamo stati alimentati dalla sua carità, dalla sua speranza, dalla sua fede; siamo tutti di questa famiglia,

apparteniamo a Rifredi.… È certo che il cuore di Firenze è a Rifredi…”

Prof. Giorgio La Pira (discorso di Galeata - 1964)

Nel cammino sulla via della speranza, per poggiare i passi su basi solide e ripartire bene, dopo la sconvolgente stagione del coronavirus, la personalità di don Giulio ci incoraggia. Insieme a madre Clelia, Beata Benedetta, Annalena, don Giulio, che sentiamo figlio di questa terra, possiamo ripartire con la pace nel cuore e le mani aperte alla solidarietà, pronti sempre a rispondere con la speranza e la carità alle sofferenze del tempo presente. Questa è la fede della chiesa, e noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù, come ci hanno insegnato coloro che ci hanno preceduto.

Ringrazio don Vincenzo e attraverso di lui don Corso, successore e prosecutore dell’Opera Madonnina del Grappa, per la sua presenza e la continuità con l’opera di don Giulio. Che il Signore ci illumini e ci incoraggi a continuare, lì dove siamo, la sua opera per la salvezza del mondo