Omelia a Montepaolo per la festa di Sant'Antonio 2020

13/06/2020

“Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri” quale migliore definizione di sant’Antonio che ne descriva la missione e l’esempio anche per noi. Lo Spirito ha chiamato, scelto e inviato a portare il vangelo ai poveri, a chi ne ha bisogno. E lo Spirito continua ancora oggi a mandare sant’Antonio e gli amici di Gesù e di Francesco. Di ieri e di oggi.

Ringrazio l’Abbadessa e le monache per l’invito è la prima volta che celebriamo qui con voi la festa di sant’Antonio, ma ringrazio soprattutto sant’Antonio per questa grazia di poter celebrare insieme la sua festa, qui a Monte Paolo.

Potrebbe sembrare anche strano, dopo 8 secoli, stiamo parlando e veneriamo ancora la figura di un uomo che si è spento a 36 anni. Quale è il segreto di sant’Antonio? Voglio dare un’interpretazione mia: perché forse Sant’Antonio ha scoperto l’essenziale, ha scoperto e abbracciato ciò che veramente conta nella vita.

Quando sant’Antonio è diventato sant’Antonio. La svolta.

Non vi racconto la vita perché la sapete. Vi voglio ricordare soltanto due momenti per me centrali: lui era un intellettuale, un professore dell'Università, insegnava all’Università. Era entrato nell’ordine religioso degli Agostiniani. Un ordine religioso erede della cultura, sapienza, saggezza di Agostino d'Ippona, uno dei più grandi dottori della Chiesa. E quindi conosceva benissimo le Scritture, la Teologia, i suoi sermoni che ci sono rimasti, mostrano proprio questa cultura.

Aveva tutto, eppure gli mancava ancora qualcosa. Questo uomo così dotto, così colto un giorno viene colpito dall’esempio, dalle immagini dei corpi di 5 fraticelli martirizzati in Marocco. I francescani erano appena nati, Antonio conosce Francesco ad Assisi. Davanti a loro nasce la vocazione francescana, esattamente 800 anni fa (1220). Antonio si lascia affascinare dalla figura di questi fraticelli, semplici; in quel periodo giravano tante eresie, oggi le chiamiamo fake news, falsità sulla fede e sulla chiesa, e andava alla ricerca delle cose essenziali. Cinque frati, disposti a dare la vita per il vangelo, hanno fatto pensare Antonio sul senso della sua vita.

Diceva Abba Pambo: “Quando non si vive come si pensa con la coscienza si finisce per pensare come si vive senza ascolto della coscienza: solo chi ha una ragione per cui vale la pena spendere la vita e morire, trova anche una ragione per vivere!”.

Anche noi, in questi mesi, siamo sempre di più condotti a riflettere e a vivere anche la nostra fede sull’essenziale. Come nutrire la nostra fede perché non muoia? Cosa è essenziale?

Abbiamo, avete visto, come anche senza messa, siete dovuti restare e per un lungo periodo. Una cosa non rara capita quando uno si ammala. A molti è capitato di non andare a messa per lungo periodo. La cosa eccezionale, in questi tre mesi, è che questo è capitato a quasi tutti!

Cosa è veramente essenziale? Come nutrire la nostra fede? Cosa fare? Sant’Antonio ci può essere di aiuto.

Sant’Antonio tiene in braccio Gesù. E questo può voler dire due cose. La prima cosa è che ce lo indica che ricorda: Andate il tutto il mondo a predicare il vangelo. Sant’Antonio ci indica quello che per lui era essenziale, la ragione della sua vita, senza Gesù sant’Antonio non ha nessun senso. La sua vita era tutta centrata su Gesù.

Ma Gesù in braccio a sant’Antonio può voler dire anche un’altra cosa. Che il Signore non ci abbandona mai Egli è sempre stato con sant’Antonio e Gesù è sempre anche con noi. Trovo straordinariamente significativa la circostanza che oggi sia anche la vigilia del Corpus Domini. Questa festa ci ricorda che il Signore rinnova il patto che ha stabilito con i suoi discepoli subito dopo la risurrezione: Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo.

Lui è presente in mezzo a noi.

E si fa presente in tre modi: nel pane eucaristico, nel pane della Parola di Dio e nei poveri.

Anche il segno del pane, che è un bene essenziale, può avere questo significato: a tavola il pane non può mancare. Ci ricorda ciò che è essenziale per noi e per la nostra fede: la comunione fraterna, rimanere in comunione con il Signore in ogni circostanza. Diceva san Paolo: chi ci separerà dall’amore del Signore.

In questi mesi, siamo stati messi di fronte all’essenziale.

Abbiamo scoperto quanto siamo importanti gli uni per gli altri. Ci siamo sentiti fragili, impotenti di fronte al diffondersi di un virus che ci ha messo tutti in casa. Ci siamo ritrovati ad aver contemporaneamente bisogno e paura degli altri. Paura che ci potessero contagiare, e bisogno perché senza medici, infermieri, forze dell’ordine, volontari, sindaci, preti, supermercati, che a diverso titolo lavoravano per noi, non potevamo vivere.

Abbiamo dovute rispondere alla domanda su cosa conta davvero nella mia vita. Il Signore è in mezzo a noi si, o no? E che da soli non ce la possiamo fare.

Sant’Antonio si è lasciato contagiare da san Francesco, dal suo amore per Gesù per i fratelli e per il creato. Gli sono tornati utili gli studi che aveva fatto prima di diventare francescano. Ha messo a disposizione tutto sé stesso per gli altri.

Sappiamo come Monte Paolo sia stato per sant’Antonio una pista di lancio. Qui ha vissuto nella semplicità, nel silenzio, nella preghiera e nella fraternità. Qui ha maturata quella fede e quella passione che lo ha accompagnato per tutta la vita.

Sono grato a sant’Antonio per la sua presenza ancora viva. Ora il convento è abitato e custodito dalle monache clarisse urbaniste. Non c’è solo la memoria di sant’Antonio, ma la possibilità di vivere oggi le esperienze e coltivare quegli atteggiamenti che sono stati decisivi per sant’Antonio. Posso dire che qui sant’Antonio è diventato sant’Antonio. Qui ha imparato a predicare: “Cessino le parole e parlino le opere”, sono le sue parole che ha messo in pratica da partire da qui!

Vi invito a salire a Monte Paolo con questi atteggiamenti, a cercare l’essenziale. Non posso non ricordare quando, nove mesi fa, c’è stata la beatificazione di Benedetta e che qui a pochi kilometri riposa e continua donare il tesoro della sua vita.

Una vita diversissima da quella di sant’Antonio ma ugualmente segnata dalla scoperta dell’essenziale.

Benedetta ci ha insegnato che si può vivere la gioia di essere cristiani, anche nella sofferenza.

Sant’Antonio e Beata Benedetta due esempi luminosi di speranza che, insieme a molti altri, di ieri e di oggi, ci aiutano ad affrontare le difficoltà del momento presente, senza perderci d’animo, ma con serietà e serenità.

Continuiamo a sentirci uniti un cuor solo e un’anima sola fra noi e con i nostri santi. Anche questo è credere e vivere una vita eucaristica, vivere il Corpus Domini.