Omelia ai funerali di don Antonio Simioni 2020

12/12/2020

“Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”

Sono qui, come vescovo di questa chiesa, a testimoniare la stima e l’affetto della comunità diocesana nei confronti del nostro amato don Antonio. Si unisce alla nostra preghiera e riconoscenza umana il fratello vescovo mons. Lino. Sono qui per ringraziare don Antonio e i salesiani per il loro servizio e la loro testimonianza, per quello che hanno fatto e continueranno a fare.

Ma certo un capitolo si conclude, con la morte dell’ultimo parroco. Il capitolo importante del servizio alla parrocchia di san Biagio.

La presenza salesiana a Forlì era iniziata nel 1942 con il primo parroco salesiano (e veneto) della parrocchia di san Biagio, don Pietro Garbin. E si conclude oggi, dopo 78 anni, con la morte dell’ultimo parroco salesiano (e veneto pure lui) don Antonio Simioni. Due coincidenze: salesiani e della stessa origine.

Don Antonio Simioni era nato a Vedelago (Treviso) il 18 agosto del 1938 ultimo di 9 figli.

Nel 1963 entra nel Noviziato Salesiano di Missaglia ed emette la prima professione religiosa il 24 agosto 1964.

Nel 1964 fa la professione semplice da “fratello” consacrato e nel 1970 è coadiutore.

Svolge per dieci anni la sua attività di coadiutore, ma lo raggiunge nel frattempo la vocazione al ministero sacerdotale.

È a Reggio Emilia, nella Parrocchia di S. Croce affidata ai Salesiani, - che don Antonio matura la sua vocazione sacerdotale (che probabilmente sentiva da sempre), incoraggiato e sostenuto anche dall’allora Vescovo di quella Diocesi, Mons. Gilberto Baroni. Inizia e completa gli studi teologici a Reggio, fino alla festa di Vedelago, dove viene ordinato sacerdote il 25 marzo 1995 a 57 anni. Si definirà spesso: “operaio dell’ultima ora”...

Il suo primo servizio come prete don Antonio lo svolge a Reggio Emilia, per poi essere chiamato a Milano, dal 2001 al 2007. Nel 2009 approda a Forlì e nel 2012 subentra a don Mario Bergomi nella conduzione della parrocchia.

Condivido il commento di don Piergiorgio Placci, direttore dell’Istituto salesiano di Forlì:

"Don Antonio era animato da una grande passione pastorale, che ha manifestato appieno in tutti gli otto anni di servizio prestato alla guida della comunità di San Biagio. “

Ho raccolto tante prove che testimoniano la sua grande passione pastorale, anche in questi giorni e in questi anni, parole di apprezzamento per la sua persona e per il suo ministero.

Lo zelo apostolico lo animava davvero. Sia come parroco sia come confessore di preti, religiosi e religiose. In cattedrale e nelle case religiose che impreziosiscono la nostra diocesi. Era attento e amorevole nel servire i più poveri e bisognosi. Sempre disposto ad aiutare e ad ascoltare, accogliendo tutti con il suo sorriso e la sua serenità.

Il motivo per cui in questi ultimi mesi era un po’ triste, è perché - abituato come era ad essere sempre attivo e disponibile verso gli altri - faceva fatica ad accettare la sua condizione di dover dipendere dagli altri, di farsi servire e non di servire.

Vedeva passare le sue giornate senza poter essere utile agli altri.

Posso riassumere, brevemente, in tre parole che iniziano tutte con la lettera G ciò che ha caratterizzato la sua vita. Gesù, gioia e giovani.

Don Antonio è morto dopo aver celebrato la festa dell’Immacolata. Ma ha dedicato con amore tutta la sua vita al Signore Gesù, secondo lo stile di don Bosco, con gioia e semplicità. Davvero, come richiesto nel vangelo, vedeva negli altri la presenza del Signore Gesù. L’amore per Lui e il suo vangelo hanno animato sempre la sua vita.

Siamo vicini a Natale, l’amore di Dio si fa uomo nel figlio Gesù, che nasce e si fa piccolo per noi. Un bambino da accogliere e da amare. Non servono tante parole. Si fa bambino per essere accolto e amato.

E don Antonio ha accolto e amato nella sua vita il Signore Gesù. Mettiamo anche lui nel presepio quest’anno. Non so quale delle statuine lo rappresenti, non certo quella del pastore che dorme, ma quella del pastore che circondato dalle pecore si avvicina, con gioia, alla grotta.

Ecco, la gioia. Pur con tutte le sue debolezze, traspariva serenità. Il suo sorriso e la sua carica umana erano davvero come ci raccomanda papa Francesco devono essere i cristiani: attraenti e luminosi. Davvero nulla lo separava dall’amore di Cristo.

Ed essendo salesiano, la terza g è doverosa. I giovani. Forse nell’ultimo periodo incontrava di più gli anziani che i giovani. Ma la sua vita, sulle orme di don Bosco è stata un esempio di vita vissuta nella donazione e nella disponibilità e di questo lo ringraziamo.

Personalmente non dimenticherò mai le parole che, poco mesi dopo il mio arrivo, una volta ebbe a dirmi, nel manifestarmi amicizia, stima e incoraggiamento. Grazie don Antonio.

E ora lo affidiamo al Signore che vince la morte e dona la vita eterna ai suoi servi fedeli.

Il cero pasquale che illumina la sua bara è il segno che le tenebre del male e della morte sono vinte dalla luce e dall’amore che Cristo è venuto a portare.

La fiamma di don Antonio non si è spenta. Ora arde nel regno dei cieli.

Ma, da buon pastore, don Antonio affida a noi ora questa luce, perché illumini e riscaldi la nostra vita. Proprio ora, in questi giorni e in questi mesi.

Concludo prendendo a prestito un commento alla sua biografia di don Piergiorgio: Vogliamo servirci del dono dell’immaginazione per pensare che Maria lo sia venuto a prendere e lo abbia presentato a Gesù, e che così Lui lo abbia accolto: ...”Bene, servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo Padrone” ...

Grazie don Antonio, riposa in pace e prega per noi.

Amen.