Omelia alla Messa Crismale 2019

18/04/2019

Omelia alla Messa Crismale (18 aprile 2019)


Con grande gioia e anche con un po’ di emozione celebro oggi la prima Messa Crismale come Vescovo di Forlì-Bertinoro. Vi saluto tutti con affetto. Saluto i religiosi e le religiose, le nostre sorelle del Corpus Domini, le clarisse di san Biagio e le Agostiniane e saluto voi fedeli che avete potuto e voluto essere presenti. Vi ringrazio davvero. Ma, in particolare saluto voi, cari fratelli presbiteri e diaconi, che oggi, con me, rinnovate le promesse dell’Ordinazione. Salutiamo don Massimo e don Filippo che partecipano per la prima volta il primo come presbitero e il secondo da diacono alla messa crismale. Sentiamo vicini coloro che diversi motivi sono assenti, perché imposssibilitati, infermi o lontani, ma che sentiamo ora con noi. Hanno voluto assicurare della loro presenza in spirito, il vescovo Erio, il vescovo Lino, che ci accompagna sempre con l’affetto e la sua preghiera. Grazie.

Grazie a mons. Giorgio Biguzzi, che è presente con noi. Una speciale ai sacerdoti presenti che sono venuti a dare una mano alle nostre comunità. E colgo l’occasione per ringraziare i sacerdoti che vengono da altri continenti e prestano il loro servizio con amore, competenza e zelo: rinnovo il mio grazie a nome di tutti!

Le Letture, compreso il Salmo, ci parlano degli “Unti”: il Servo di Javhè di Isaia, il re Davide e il nostro Signore Gesù. La loro unzione non è per se stessi, ma è per i poveri, per i prigionieri, per gli oppressi… Un’immagine molto bella di questo “essere per” del santo crisma è quella del Salmo 133: «È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo della sua veste».

Noi siamo per, noi siamo con!

Il giorno del mio ingresso a Forlì, c’è stato un momento che ricordo spesso, ed è stato quando abbiamo camminato insieme, vescovo, preti, laici, giovani.

Abbiamo camminato insieme per la città, verso il Duomo, per rendere visibile il popolo di Dio in cammino. Siamo passati per la Piazza, siamo entrati in san Mercuriale, siamo entrati nel Duomo.

La situazione della vita cristiana è dunque una situazione itinerante, nella quale è importante cogliere il punto di partenza, la direzione e le tappe successive.

Camminare insieme, condividendo punto di partenza, direzione, tappe successive.

E, nodo fondamentale di questo cammino comune, è la collegialità presbiterale.

Anzi, oserei dire, la fraternità presbiterale. La fraternità presbieterale non vuol dire solo andare d’accordo, non creare conflitti, sorridere nonostante tutto. Tanto meno sottovalutare i problemi, sostenendo che i veri problemi sono altri. L’assenza di conflitti, in certi casi può essere pericoloso, può nascondere peccati, infedeltà, corruzione ecc. Ignorare i conflitti avvelena la vita di comunità.

La fraternità sacerdotale si fonda sulla fedeltà al vangelo e alla chiesa per la quale abbiamo risposto sì il giorno dell’ordinazione.

Chi è il prete? Chi è il diacono, chi è il vescovo? Uno che ama la chiesa! Per la chiesa abbiamo dato la nostra vita, e continuiamo a impegnarla giorno per giorno. In un modo totale e costante. L’amore per la Chiesa, corpo di Cristo, ci unisce.

Questo è il nostro ideale di vita, e come vorremmo contagiare di questo ideale tanti altri!

Ma ci uniscono anche la debolezza e la fragilità. Non sempre siamo coerenti con questo ideale di partenza. Ci perdiamo. Ci siamo persi e ci perdiamo. Papa Francesco ci ammonisce spesso su quelle che sono le tentazioni e le colpe degli uomini di chiesa: la mondanità spirituale, il clericalismo, pensare di fare di testa nostra senza di Lui o pensare di far conto sui nostri programmi e mezzi.

Oggi, insieme, siamo qui. Siamo a qui a rinnovare le nostre promesse diaconali e presbiterali. A rigenerare la nostra vita, nel cuore della Pasqua cristiana. Nel giorno dell’eucaristia e della benedizioni degli olii, rinnoviamo questo patto d’amore e di servizio con Dio e con i fratelli e sorelle della nostra comunità.

Dalle letture cogliamo un nuovo slancio per noi e per tutti. Nel libro di Isaia dall’effusione dello Spirito su un nuovo profeta nasce l’invito a portare un nuovo annuncio di salvezza. Da questo annuncio nasce un nuovo sacerdozio (v. 6), che non ha lo scopo di offrire sacrifici, ma di continuare la missione spirituale del profeta. La fondazione di questo sacerdozio sta nell’alleanza che il Signore stabilisce (v. 8) e che sarà eterna, non più modificabile e irreversibile. Molti sono i sacerdoti, ma unico è l’annuncio, perché unico è il profeta da cui esso deriva: essi sono ministri (= servitori) di un annuncio che non appartiene a loro e che viene dallo Spirito. Per questo i Padri della Chiesa hanno applicato il v. 6 agli apostoli e il v. 9 ai loro successori.

Nel vangelo di Luca, Gesù applica a se stesso la profezia di Isaia: lui è il nuovo profeta che è venuto a portare un nuovo annuncio, che è di liberazione e misericordia. Sarà, quindi, necessario che si compia anche la seconda parte della profezia: nuovi sacerdoti che dovranno continuare l’opera di Cristo in virtù di una nuova ed eterna alleanza.

Infine L’Apocalisse proclama che questo nuovo sacerdozio annunciato dai profeti viene realizzato da Cristo e distribuito come dono a tutti i fedeli. Si tratta di un sacerdozio di sua natura comunitario: Cristo ha salvato tutti con il suo sangue, è l’unico salvatore, e perciò chiama gli uomini redenti a formare un unico popolo, che continui a portare nella storia il suo messaggio di salvezza.

Tra i sacerdoti della nuova alleanza c’è, quindi, un legame di fratellanza che ha il suo fondamento in Cristo e nel suo dono di amore: l’essere mossi da un unico Spirito per un unico progetto di salvezza si manifesta in legami di fraternità.

Restiamo uniti fra di noi, nello Spirito del vangelo. È la nostra comunione, la nostra fraternità vera, che rende credibile la nostra predicazione e il nostro servizio pastorale. Una comunione spirituale che si alimenta nella liturgia e confluisce nella pastorale ordinaria.

La liturgia è stare oggi intorno alla persona del Signore, ascoltarlo, parlargli, pregarlo, lasciarlo pregare per noi. Tutto ciò che i vangeli riferiscono di Gesù tra la gente è un'anticipazione della liturgia, mentre a sua volta la liturgia è una continuazione dei vangeli.

Come diceva Martini: “Potremmo dire che la liturgia è la danza della Chiesa attorno al Cristo un po' come la danza di Davide attorno all'arca, è quella gratuità gioiosa che si sprigiona dalla presenza di Gesù.”

A differenza dei riti di altre religioni, nell’assemblea liturgica non compiamo dei gesti che onorano Dio, ma siamo attorno a Gesù che onora e loda il Padre per lodarlo con lui: "In quest'opera così grande... Cristo associa sempre a sé la sua Chiesa... Giustamente perciò la liturgia è ritenuta come l'esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo... e viene esercitato dal Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale" (Sacrosanctum Concilium, 7).

Dalla liturgia la pastorale

Ciascuno di noi è unico e irrepetibile, anche nel nostro modo di essere pastori, ma la condivisione dell’ascolto della Parola, della lettura dei segni dei tempi, delle sfide sociali e culturali che affrontiamo, richiedono una condivisione anche di obiettivi e strategie, per non creare disorientamento e confusione nei fedeli, quando siamo troppo diversi nelle scelte pastorali. La Pasqua rinnovi le nostre liturgie perché siano espressive della lode e della comunione, per un cammino di comunità attraente e luminoso.

Concludo con le parole di Papa Francesco.

Cari fedeli, siate vicini ai vostri sacerdoti con l’affetto e con la preghiera perché siano sempre Pastori secondo il cuore di Dio.

Cari sacerdoti, Dio Padre rinnovi in noi lo Spirito di Santità con cui siamo stati unti, lo rinnovi nel nostro cuore in modo tale che l’unzione giunga a tutti, anche alle “periferie”, là dove il nostro popolo fedele più lo attende ed apprezza. La nostra gente ci senta discepoli del Signore, senta che siamo rivestiti dei loro nomi, che non cerchiamo altra identità; e possa ricevere attraverso le nostre parole e opere quest’olio di gioia che ci è venuto a portare Gesù, l’Unto. Amen