Omelia alla messa del Te Deum 2019

31/12/2019

Omelia alla messa del Te Deum (31 dicembre 2019)


“Maria, custodiva tutte queste cose”

Questa sera, ultima sera dell’anno, come Maria,

facciamo memoria, custodiamo i doni del Signore del 2019.

È il secondo anno che ci ritroviamo insieme a ringraziare il Signore per i doni che ci ha dato nel corso dell’anno che sta per finire.

Il dono che voglio mettere in cima ai ringraziamenti è la beatificazione di Benedetta. Un grande dono, una grande responsabilità: quante volte lo abbiamo detto. Come ringraziamo il Signore: conoscendola di più, e imitandola.

Ripensando a quest’anno, ognuno di noi ricorda vari avvenimenti, alcuni lieti e sereni, altri tristi e dolorosi.

Molti, questa notte o in questi giorni, cercheranno di trovare nelle stelle un responso sperando che il prossimo anno sia migliore.

Noi invece ci troviamo insieme per seguire la Stella, l’unica nostra stella, quella che illumina e orienta la nostra vita; cerchiamo nella Parola di Dio, nel Verbo fatto uomo per la nostra salvezza, luce e guida, il criterio di giudizio per la nostra vita. Possiamo cercare ovunque, ma alla fine ci rendiamo conto che davvero è solo il Signore Gesù a dare pieno senso alla nostra vita: per questo, al termine di un altro anno che ci è stato gratuitamente donato, ringraziamo con gioia il Signore per la sua Parola che ha illuminato giorno dopo giorno, domenica dopo domenica, la nostra quotidianità.

Abbiamo mai ringraziato il Signore per il dono della sua Parola? Cosa sarebbe la nostra vita senza il suo Vangelo? Chi avrebbe dato risposta alle domande di senso e di pienezza, quelle domande che ci distinguono dagli altri esseri viventi?

E le nostre paure, i nostri disorientamenti e anche gli smarrimenti, non dipendono forse dal non aver messo al centro della nostra vita la sua Parola? Dalla Parola del Signore abbiamo tratto nuova linfa per alimentare la nostra comunione nella fraternità. La Parola del Signore non è sterile, non è incatenata. Porta frutti di amore.

Voglio ringraziare il Signore per un nuovo faro di luce che si è acceso nella nostra comunità, la presenza a Montepaolo delle monache clarisse urbaniste che si uniscono alle religiose di vita contemplativa che ci ricordano la centralità della Parola e dell’amore totale per il Signore, per il dono del nuovo sacerdote, don Filippo Foietta e di due nuovi diaconi permanenti, Doriano Garoia e Filippo Monari.

-Ringraziamo il Signore per l’esperienza di vita fraterna che abbiamo custodito e consolidato. È sempre poca, ma c’è! È la vittoria sulle nostre solitudini. Noi non siamo soli. Il cammino di cambiamento diocesano, che abbiamo iniziato con decisione, ha lo scopo di rendere più bella la nostra esperienza di fede, di fraternità e di comunione.

E, di conseguenza, chiediamo perdono per tutte le volte che abbiamo compromesso, rovinato o raggelato, sottovalutato il nostro essere figli dell’unico Padre, fratelli e sorelle di un’unica famiglia. Il nostro essere chiesa. Chiediamo perdono per tutte le volte che non abbiamo amato sufficientemente la chiesa.

Chiediamo scusa, per tutte le volte che non abbiamo ringraziato il Signore per il dono della vita e di chi condivide con noi la contemporaneità. È il terzo motivo del nostro ringraziamento: grazie, o Padre, per il dono della vita!

-Viviamo in un’epoca dove sempre di meno nascono nuovi figli che arricchiscano la nostra comunità. Sempre meno contribuiamo alla creazione chiamando alla vita nuove creature. E mentre affidiamo alla misericordia del Signore tutti coloro che sono già presso Dio, ringraziamo per la gioia e per la novità che i nuovi nati ci hanno portato; non possiamo non lanciare un appello accorato, perché tutte le istituzioni e ogni famiglia si interroghi saggiamente sul dono della vita, da concedere con maggiore generosità e lungimiranza. Perché come in tema ambientale, cambi la mentalità sulla bellezza della nascita dei cuccioli d’uomo, come il dono più bello.

Che senso ha parlare di fraternità di fronte a culle sempre più vuote?

-E, infine, dopo aver ringraziato per il dono della Parola di Dio, della vita, della fraternità da rinnovare e consolidare, ringraziamo il Signore per una nuova sensibilità che sta crescendo (sperando che non sia troppo tardi) sull’amore per il creato.

La liturgia, a otto giorni dalla nascita di Gesù, celebra la festa della Madre di Dio e ci invita a contemplare il mistero del Figlio di Dio che si è fatto uno di noi con gli occhi e il cuore della madre, Maria, che “custodiva tutte queste cose nel suo cuore” (Luca 2,51).

Custodire nel cuore, meditare, significa guardare la realtà, gli avvenimenti della storia, leggere la storia scoprendovi l’azione di Dio che guida e dà senso e significato ad ogni nostro gesto, a tutto quello che noi facciamo.

Alle vite che si affacciano occorre riservare un ambiente adatto. Ci ritorneremo anche domani, commentando il messaggio di papa Francesco per la giornata mondiale della pace, ma al termine di quest’anno non posso non ringraziare il Signore per una nuova sensibilità ambientale che è stata donata da tanti ragazzi e giovani nel mondo. Al di là dei cambiamenti climatici, quello che conta è l’amore per il creato, che un cristiano è chiamato a coltivare e custodire con amore.

Perché il creato il credente loda il Creatore!

Nascono gruppi anche ecclesiali ispirati alla Laudato si’ di papa Francesco. Non roviniamo l’avanzare di questo cambiamento culturale necessario con polemiche sterili e strumentali. Siamo tremendamente in ritardo. I ragazzi ci hanno dato una lezione, ma ora tocca agli adulti aver cura del dono della vita, del creato e della pace. Tutti e tre valori inscindibili, vissuti e coltivati nella famiglia di Nazareth, scuola di vita universale e sempre attuale.

“È bello per noi essere qui” lo intendiamo non solo nell’esperienza eucaristica o comunitaria, ma è una gioiosa espressione che allarghiamo al creato intero, dono d’amore del Padre a tutte le sue creature, non solo all’uomo.

Dice Papa Francesco, riprendendo Teilhard de Chardin: «Nell’Eucaristia il creato trova la sua maggiore elevazione. La grazia, che tende a manifestarsi in modo sensibile, raggiunge un’espressione meravigliosa quando Dio stesso, fatto uomo, arriva a farsi mangiare dalla sua creatura», si legge al paragrafo 236. E subito dopo: «In effetti l’Eucaristia è di per sé un atto di amore cosmico».

Non dimenticando nemmeno il bel passaggio dell’enciclica di Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, dove si legge: «Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo».

Fra poco canteremo il Te Deum, che inizia con la gioia: “Noi ti lodiamo, ti proclamiamo Signore…” e termina con una invocazione di fiducia: “Tu sei, o Dio, la nostra speranza, non saremo confusi in eterno”.

Lodare Dio significa riconoscerlo presente e attivo nella nostra vita. Stiamo a cuore a Dio, siamo nel suo cuore. Diciamo grazie a tutti coloro che ci hanno fatto del bene. Grazie è parola più umana e cristiana che esista.

Grazie, Signore, per questo prezioso anno che ci hai donato, grazie per tutto quello che continui a donarci; aiutaci ad accogliere sempre i tuoi doni, con gioia e fiducia, ogni giorno.