Omelia alla messa di anniversario di don Pippo 2020

08/11/2020

Nel brano del Vangelo di oggi, ci vengono presentate dieci ragazze che sono state invitate ad una festa di nozze; immaginiamo per un momento la loro eccitazione: i giorni trascorsi in attesa dell’evento, il pensare all’abito e alla compagnia, la fantasia che si libera nell’ipotizzare circostanze, nel desiderare incontri. Come spesso accade, è forse più eccitante l’attesa della stessa festa.

Gesù, che ai banchetti di nozze partecipava come tutti, chissà quante volte avrà sorriso guardando alle damigelle, vestite forse di bianco, che facevano corona agli sposi.

Il tempo corre e finalmente arriva il giorno. Ma lo sposo tarda ad arrivare. Cinque delle ragazze non avevano neanche pensato che ci sarebbe stato da attendere, che ci sarebbe voluto del tempo.

Pensavano che la festa giungesse veloce, pensavano forse al divertimento. Pensavano cioè a tutto tranne che a dover attendere del tempo. Le altre 5 invece ci hanno pensato: e se ci fosse da attendere? E, previdenti, portano con sé la riserva d’olio.

Come per tutte le cose belle, anche per gustare la festa ci vuole tempo; ci vuole tempo per approfondire le amicizie, per preparare cibi buoni, per apprezzare un bel gioco e giocarci ancora. E ancora. Allo stesso modo, per conoscere il Signore ci vuole tempo: per accogliere la sua Parola di salvezza, per ricevere i suoi doni. Ci serve olio di pazienza perché la nostra lampada non si spenga.

Noi spesso non abbiamo tempo. Facciamo tutto di fretta. La lezione del dramma in cui siamo finiti in questi mesi è che ci è stato cambiato l’uso del tempo. Eppure per coltivare e custodire i sentimenti, le amicizie, la gratitudine dei propri figli, la fiducia dei genitori, la solidarietà degli amici, l’amore dello sposo e della sposa, per tutte queste cose e altre ancora ci vuole tempo. Sono relazioni che si seminano e che richiedono attenzione continua. Ci vuole tempo.

L’Amore che Dio ci ha mostrato e insegnato richiede lavoro e tempo. L’olio per le nostre lampade non si può comprare, non si può neanche prestare ad altri. Però, con un po’ di prudenza e previdenza, prendendosi per tempo, lo si può chiedere a Dio.

Possiamo chiedere il dono dello Spirito Santo, per non perderci d’animo e continuare a guardare l’orizzonte, in cerca dello sposo, anche quando l’attesa è lunga.

La parabola di oggi ci insegna l’uso del tempo.

Se ci pensiamo, il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo. E rischiamo di sprecarla.

Oggi la nostra diocesi ricorda un bravo prete che ha fatto buon uso del suo tempo. Lo ha custodito e donato.

Lo ha custodito con la sua scelta di mettersi nelle mani del Signore con fiducia. Con tutto se stesso. Non si è risparmiato. Non si è arreso nemmeno davanti ai suoi limiti. I medici, quando ancora era giovane, gli avevano proibito di leggere. Probabilmente aveva subito il distacco della cataratta degli occhi. E doveva imparare tutto a memoria, dopo aver letto con difficoltà. Ma non si è arreso. Ha fondato il settimanale Il Momento e ha composto opere musicali (l’inno della Madonna del fuoco è suo). Ha tenuto accesa la lampada della sua fede e si è messo a servizio della chiesa e della gente. E la gente lo ha capito.

Sono appena stato in piazza a ricordare la liberazione di Forlì del 9 novembre del 1945, e allora i forlivesi festeggiarono portandolo in piazza in trionfo. Era girata la voce che aveva salvato dalla distruzione il campanile di san Mercuriale, nonostante le cariche fossero già predisposte per l’esplosione. E ricordavano con grande riconoscenza le ore da lui dedicate per raccogliere i brandelli di carne, sparsi per la piazza, dopo un bombardamento.

Trovo significativa questa coincidenza: che don Pippo, così i forlivesi chiamano mons. Giuseppe Prati che oggi ricordiamo nel 68 anniversario della morte, sia morto lo stesso giorno anniversario della liberazione e della fine della guerra a Forlì. Esattamente 7 anni dopo.

La sua vita è un messaggio per tutti, che ci indica da dove ripartire. E sarebbe bello davvero, ed è un augurio per tutti, ripartire dalla sua dedizione, dall’amore per la gente, dalla sua capacità di trasformare i problemi in risorsa e opportunità.

E mi vengono in mente le beatitudini che abbiamo letto dominica scorsa e che sono state lette, meditate ed interpretate da don Pippo.

Vorremmo tutti avere amici che assomigliano ai beati.

Abbiamo tutti bisogno di preti come don Pippo.

Quando ho sbagliato, ho bisogno di amici “misericordiosi”;

quando voglio migliorare la mia situazione, ho bisogno di amici “affamati di giustizia”;

quando parlo con qualcuno dei miei problemi, ho voglia di amici “puri di cuore”;

quando devo risolvere beghe familiari, ho bisogno di amici “operatori di pace”;

quando devo sfogarmi, ho bisogno di amici che “piangano” con me;

quando ho bisogno di aiuto, mi servono amici “poveri”…

I beati di cui parla Gesù sono coloro che tutti vorrebbero avere come amici.

Beati perché capaci di vicinanza, di coerenza, di pazienza…

Vorremmo incontrare persone come loro.

Preghiamo perché gli altri siano contenti di averci come amici.

Preghiamo perché gli altri possano contare su di noi. Come i forlivesi erano contenti di avere don Pippo come loro parroco, ed erano contenti di averlo come loro amico, così oggi possano trovare in noi le persone quelle persone che rendono visibile e un po’ più vicino il regno di Dio.