Omelia alla messa di Pasqua 2019

21/04/2019

Omelia alla messa di Pasqua (22 aprile 2019)


Carissimi fratelli e sorelle, vi annuncio con grande gioia una notizia sorprendente! Gesù è risorto! È veramente risorto! Non abbiate paura di crederci, tanti non ci credevano allora e tanti non ci credono oggi. Non è facile credere alla vita! Ma voi, non abbiate paura!

Qualche volta mi soffermo a pensare che, se avessimo avuto la possibilità di esserci prima della nascita del mondo, probabilmente non ci avremmo mai creduto che questo mondo venisse alla luce. Eppure c’è. Come ci siamo noi, umani. E per ben due volte la vita ha sorpreso il buio della non vita.

Il Dio che ha creato il mondo e che ha creato l’uomo, si può arrendere di fronte alla morte di Cristo? No, di certo. Come poteva il Padre non risuscitare suo Figlio, che è morto per noi, dimostrandoci un amore senza limiti e confini?

È l’amore che vince la morte. Solo l’amore!

L’evangelista Giovanni ci fa sapere che la prima creatura a scoprire i segni del Risorto è una donna piena di sensibilità, di affetto, di tenerezza.

C’è un rapporto tutto speciale fra le donne e la morte e risurrezione di Gesù.

Nella via crucis nessuna donna era contro Gesù, anzi, tra coloro, pochi, che gli erano vicini, a parte Giovanni erano tutte donne. La fede non abbandona le donne neanche nel momento supremo della sofferenza e della croce. Le donne sanno stare accanto, sanno stare ai piedi. Soffrono, certo, ma sanno non lasciare solo chi soffre…

Le prime a incontrare il Risorto erano donne.

Maria di Magdala, per Giovanni, ma anche altre Marie, per gli altri evangelisti. E le donne furono le prime a portare al mondo la bella e straordinaria notizia.

Come un’altra Maria, Maria di Nazareth, che ha accolto e donato al mondo il Figlio di Dio.

Dio si affida alle donne, perché? La chiesa, oggi, può ripartire nel compito di annunciare il vangelo del Risorto, se riparte con il femminile nella chiesa.

Le donne sono le prime a cui Dio consegna la vita, perché amano, forse, di più la vita degli stessi uomini. Perché, forse, sanno ciò che veramente conta nella vita. Amare, servire, donare, condividere, rinnovare e rigenerare.

Tuttavia, Gesù si rivela anche a gruppi di persone, addirittura a 50 fratelli in una sola volta; gente cioè dai temperamenti disparati, dai cammini diversi, gente in situazioni morali differenti.

Il Crocifisso risorto, Figlio unico del Padre, dona la risurrezione a tutta questa massa umana, ai fratelli e alle sorelle di ogni tempo e di ogni razza.

La risurrezione segna quindi il passaggio mediante il quale noi rivediamo il nostro modo ristretto di concepire Dio, ci convertiamo dalla tristezza e dalla meschinità a una visione larga dell’universo, aperta sull’eternità.

Cari fratelli e sorelle, è un anno che sono qui, e vivo con voi le difficoltà del momento presente, ma anche la straordinaria forza della fede, che ci fa sperare per oggi e per il futuro!

E la nostra speranza è Gesù. Di Gesù vivo e presente in mezzo a noi, Lui il volto del Padre, è vivo.

E come dice Papa Francesco ai giovani, Gesù è vivo e ci vuole vivi! Anche nelle difficoltà della vita, nelle ostilità e ostacoli più tremendi, il Signore è vivo.

Sono stato chiamato per nome e ho detto sì. Ma, come me, ciascuno di voi!

Maria di Magdala, sentendosi chiamata per nome con amore, risponde subito: “Rabbunì, mio maestro!” (Gv 20,16); i discepoli di Emmaus riconoscono Gesù nello spezzare del pane (Lc 24,30-31.35), cioè nel segno riassuntivo di una vita offerta per tutti; il discepolo amato, che lo riconosce presente sulla riva del lago di Tiberiade, grida a Pietro: “È il Signore!” (Gv 21,7). In sintesi, la vita di Gesù è stata riconosciuta come un amore trasparente, pieno, e quelli che lo avevano visto vivere e morire in quel modo hanno dovuto credere alla forza dell’amore più forte della morte, fino a confessare che con la sua vita egli aveva davvero raccontato che “Dio è amore” (agápe: 1Gv 4,8.16).

E la storia della salvezza non è che la storia dell’amore di un Dio innamorato della sua creatura che non smette mai di amare.

Sì, l’unico prezzo che il cristianesimo ci richiede per essere vissuto e compreso in profondità è quello dell’amore.

Forte come la morte è solo l’amore, più forte della morte è stato l’amore vissuto da Gesù Cristo. E l’amore vissuto insieme si chiama fraternità!

È questo che noi cristiani dovremmo annunciare, con umiltà e discrezione, a tutti gli uomini e le donne.

Ci ha raggiunto in queste ore la notizia che nello Sry Lanca, una serie di attentati in 6 chiese, durante le messe di Pasqua ha provocando più di 200 morti e il ferimento di quasi 500 persone.

Di fronte a questa ennesima esplosione del male, come reagire? Abbiamo un solo modo: reagire come Gesù, che sulla croce è morto per salvare anche coloro che lo hanno crocifisso. L’odio è sempre perdente, non costruisce mai niente di buono per nessuno, neanche per coloro che lo alimentano e ne sono preda. L’odio è l’antidio. Chi usa l’odio è nemico di Dio.

Preghiamo per le vittime, per i feriti, per i cristiani perseguitati perché vincano l’odio con l’amore. Preghiamo per coloro che sono vittime dell’odio, la Pasqua del Signore li converta alla vita e ad una vita che costruisce fraternità e non divisioni.

Anche questa strage conferma l’estrema attualità della Pasqua.

Ecco il senso profondo della resurrezione di Gesù, ecco come questo evento può parlare a tutti i nostri fratelli e sorelle in umanità.