Omelia alla messa nella Casa Circondariale 2020

10/05/2020

Siamo tornati nell’ultimo discorso di Gesù durante l’ultima cena. La nostra messa è memoria dell’ultima cena Gesù. È in quella circostanza che Gesù ha detto “Fate questo in memoria di me”. Cioè, ogni volta che prendete un pezzo di pane e lo spezzate, ricordatevi di me, che ho condiviso con voi la mia vita. E se siete miei amici, anche voi cercate di donare la vostra vita agli altri. Un dono che sia per tutti, non solo agli amici. Gesù ha voluto bene a tutti, anche a coloro che lo rifiutavano, lo odiavano e gli volevano male.

Gesù si separa, ma non si allontana.

La separazione tra Gesù e i suoi «amici» (cfr. Gv. 15,13-15) è vicina, ed egli ha appena preannunciato il tradimento di Giuda (cfr. Gv. 13,21) e il rinnegamento di Pietro (cfr. Gv. 13,38).

In realtà tutti, tranne Giovanni, se la daranno a gambe. Lo abbandoneranno.

Anche in questo caso, Gesù non ritorna, una volta risorto, dimostrando risentimento, non dimostra di avere sentimenti di astio, rancore, rimprovero. Sarebbe stato umano se lui avesse detto: “Adesso facciamo i conti... Che begli amici che siete stati! Dopo tutto quello che ho fatto per voi…”.

Gesù ci aspetta per stare sempre con noi.

Gesù, invece rincuora e dice: “Non abbiate paura!” e non prova affatto risentimento. Già in questo, secondo me, è un grande.

Anzi, Gesù si preoccupa di preparare i suoi discepoli per il futuro, rivolgendo loro parole premurose: “Guardate, adesso mi separo visibilmente da voi, ma non per castigarvi a causa del vostro comportamento, ma perché, in questo modo, sarò sempre presente in mezzo a voi, nel pane eucaristico, nell’amore degli uni verso gli altri, nei poveri. Nella fraternità cristiana. E non vi abbandono, ma vi aspetto, quando sarà giunta la vostra ora, nella vita eterna”.

“Non sia turbato il vostro cuore” e li invita alla fede: “Abbiate “fede in Dio e abbiate fede anche in me”. Il distacco provoca crisi. E voi lo state provando con i vostri affetti. Il distacco è una prova: per voi che siete qui e per coloro che avete lasciato fuori. È importante non abbandonare né essere abbandonati. Gesù è chiaro, quando dice che non ci abbandona; ci fa capire che la separazione è temporanea: «Quando vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io». Ecco la grande consolazione riservata a quanti aderiscono a Gesù e vivono con lui un rapporto di intimità: niente e nessuno può rapirli dalla sua mano (cfr. Gv. 10,28-29), già ora e poi alla fine del tempo, quando egli verrà nella gloria e li prenderà con sé.

Gesù è tutto suo Padre.

Lo può dire perché Lui è il Figlio di Dio. Il Figlio di Dio Padre. In Gesù si rivela il volto del Padre che non ci abbandona mai. Anche se gli altri ci abbandonano e anche se noi abbandoniamo, Lui non ci abbandona mai. La Chiesa non vi abbandona mai.

Oggi è la festa della mamma.

Condividiamo la gioia delle mamme felici di essere mamme e la sofferenza di tante mamme, lontane dai propri figli. Mamme che soffrono per le sofferenze dei figli o per la perdita dei figli. Le mamme non dimenticano mai. Ma, se anche accadesse che una mamma si dimenticasse di suo figlio, il Padre Dio non si dimentica mai.

E ora una parola sul mio essere qui oggi.

In questi mesi, abbiamo pregato per voi. Abbiamo condiviso, almeno per certi versi, la vostra condizione. Vi abbiamo sentito vicino, attraverso il cappellano del carcere, don Enzo, e abbiamo sentito come nostre le vostre preoccupazioni. Abbiamo anche tirato un sospiro di sollievo, sentendo che qui non c’erano contagi o particolari tensioni. Ci state a cuore.

In particolare, la sera del Venerdì Santo, abbiamo condiviso una delle vie crucis più partecipate al mondo. Voi lo sapete, di solito in contemporanea, in tante città si celebra la via crucis e quindi normalmente non ci è possibile seguire la via crucis del Papa. Quest’anno, invece, tutte le vie crucis sono state sospese e quindi tutti abbiamo seguito la via crucis in piazza San Pietro. E dalla piazza deserta abbiamo ascoltato testimonianze dal mondo carcerario su cui si incentrata la via crucis di quest’anno.

Un mondo nel quale non ci sono solo i detenuti, ma ci sono anche tante altre persone, la cui vita ruota a diverso titolo attorno al mondo del carcere. Abbiamo potuto sentire la voce di una famiglia vittima per un reato di omicidio, quella della figlia di un uomo condannato alla pena dell’ergastolo, la voce di un’educatrice del carcere, quella di un magistrato di sorveglianza, e poi le parole di una madre di una persona detenuta, di una catechista, di un frate volontario, di un agente di Polizia Penitenziaria e la testimonianza di un sacerdote accusato e poi assolto definitivamente dalla giustizia dopo otto anni di processo ordinario.

È stata una lezione di vita indimenticabile. Mi auguro che sia indimenticabile per tutti.

Abbiamo condiviso la condizione ma anche la speranza. Voi sapete che appena da dopo Pasqua, in diocesi abbiamo iniziato un pellegrinaggio di speranza, per una ripartenza responsabile e per un mondo rinnovato.

Sono qui oggi per condividere con voi la speranza di un futuro migliore, perché sappiamo tutti imparare anche dai nostri sbagli e dalle situazioni, anche le più tragiche.

Il Signore ci dà la forza per guardare avanti con fiducia e speranza. Questo è un luogo di speranza. Se voi sarete migliori, tutti saremo migliori. Se noi vi saremo vicini con amore e solidarietà, anche per voi sarà più facile camminare sulla via della speranza.

Che il Signore vi aiuti e ci aiuti, a costruire un mondo più giusto, nella concordia e nella pace.

Non è il coronavirus la più grande minaccia, ma l’indifferenza e il disinteresse per la sorte gli uni degli altri.

Camminiamo insieme verso orizzonti più liberi e solidali, per noi e per le nostre famiglie che ci aspettano. È più facile fare il bene che fare il male. In ogni caso, solo imitando l’amore disinteressato di Gesù saremo liberi veramente.