Omelia festa Madonna del Lago 2020

03/05/2020

All’inizio di questa celebrazione nella festa della Madonna del Lago desidero subito salutare con affetto don Agostino Fornasari, che dal seminario di Forlì in questo momento, prega con noi e si unisce a noi. Era appena da alcuni mesi amministratore parrocchiale e aveva accolto con entusiasmo questo incarico.

E voglio ricordare con commozione e gratitudine il caro don Elvezio Pagliacci, già parroco e rettore di questa chiesa. L’anno scorso era ancora in forma. Ci accolse manifestando il suo dispiacere per l’orario troppo mattiniero, ma fummo fortunati. La celebrazione e l’uscita dalla chiesa erano baciati dal sole. Subito dopo, nell’orario da lui previsto, l’acqua cadde a cantinelle… Ma a parte questo piccolo aneddoto, credo di interpretare il pensiero di tutti nel rinnovare il mio e nostro ringraziamento per il servizio e la generosità che ha sempre accompagnato il suo ministero fino all’ultimo. Veniva qui anche quando la salute iniziava a venir meno. Un vero soldato di Cristo. Grazie don Elvezio. A lui dobbiamo anche il trasferimento della data della festa alla prima domenica di maggio per evitare di sovrapporla a quella di San Rufillo.

Mi piace concludere la “Via della speranza” ancora con Maria e iniziare il mese di maggio qui, nel santuario in cui è venerata come Madonna del Lago e patrona di Bertinoro.

Ricordo brevemente le tappe, i passi della via, del cammino della speranza.

Il primo e l’ottavo passo con Maria, donna della speranza.

Il secondo con Benedetta, pregando per i medici e per tutti gli assistenti dei malati; il terzo passo lo abbiamo compiuto con i rappresentanti delle altre religioni, in piazza Saffi, uniti nel dialogo e nella preghiera per l’Italia, alla vigilia del 25 aprile.

Il quarto passo con Annalena, amica dei poveri, a ricordarci che dalla pandemia ne usciremo vincitori solo se ne veniamo fuori tutti insieme, poveri del mondo compresi.

Il quinto passo con Madre Clelia e il mondo della scuola, forse la più colpita da questa pandemia. Da fine febbraio è chiusa, anche se grazie alla volontà e alla determinazione di insegnanti ed alunni, sostenuti dalle famiglie e dalle direzioni scolastiche, non si è perso tempo. Anche le scuole paritarie cattoliche hanno profuso enormi energie, nonostante una qualche dimenticanza pubblica.

Il sesto passo con il mondo del lavoro, invocando san Giuseppe per la sua rapida ripresa, nella vigilia del 1° maggio.

Il settimo passo con Pellegrino, Santo forlivese del secondo millennio, patrono degli ammalati, di fronte al quale abbiamo rivolto una accorata supplica per tutti loro, non soltanto quelli colpiti dal coronavirus. Non dimentichiamo che la gente soffre e muore anche per altre malattie.

E infine oggi, ultimo passo sulla strada della speranza, di questo primo ottavario della speranza.

Ha ancora qualcosa da dirci Maria? Certamente sì.

Ci manifesta almeno tre parole.

Prima parola. Maria, come abbiamo appena ascoltato nella prima lettura, è menzionata negli Atti degli Apostoli, un’unica volta, nel cenacolo. Da questi brevi cenni, Maria si dimostra madre e donna. Vi ricordate quando i fratelli di Gesù andarono a Cafarnao per riportare a casa Gesù? Un momento di tensione, lui non volle riceverli. E ora essi sono nel cenacolo. Maria ha saputo mantenere unita la famiglia e la Chiesa. Non, come qualche volta succede, i familiari contro la Chiesa; ma uniti, la famiglia nella Chiesa. Che grande segno di speranza! Maria, senza fare sconti, tiene uniti. Non dice, come forse ci si aspetterebbe da una mamma, “Adesso andate a casa che è pericoloso stare qui”. Capisce la missione degli Apostoli, avverte anche lei il rischio che facciano la stessa fine di Gesù. Ma rimane con loro. Prega con loro. Rimane fedele al mandato di Gesù: “Andate in tutto il mondo e annunciate il mio vangelo”.

Seconda parola. Dio mandò suo figlio nato da donna. E la donna è Maria. In questi giorni un gruppo di scienziate ha scritto un manifesto, spiegando che non è per niente giusto discriminare le donne fra gli scienziati chiamati nei comitati nazionali. Non c’è nessuna donna. È un esempio. Noi, come Chiesa, non brilliamo per coerenza. Ma certo fa pensare quanto la donna, in tutti gli ambienti, sia discriminata. La donna invece può essere, anzi è, proprio come lo è stata Maria, un segno di speranza.

Terza parola. Ascoltare e osservare la parola di Dio. Il Vangelo sembra riportare delle frasi poco piacevoli di Gesù, quado si rivolge a sua madre. E invece sappiamo che Maria, da subito, ha ascoltato e osservato la parola di Dio. In questi tempi di pandemia, quando la distanza sociale (da un punto di vista fisico) era l’unico modo per difendersi e ci siamo chiusi in casa, privati dei sacramenti e della vita di comunità, abbiamo riscoperto – questo almeno spero – l’importanza della Parola di Dio, che è presenza di Dio. La parola di Dio, il Vangelo aperto, come le braccia del crocifisso aperto a ricordo del dono della vita di Gesù, ci annuncia che il Signore continua a parlarci, ancora oggi. Le chiese sono aperte, ma anche la Bibbia è aperta nelle nostre case. Le misericordie del Signore non sono finite. Ascoltiamo e osserviamo. Non siamo soli e senza bussola. Le parole umane tante volte ci disorientano e ci dividono gli uni contro gli altri. La parola del Signore, invece, ci unisce e ci rende più buoni, coraggiosi e sereni. Qualità tutte di cui oggi abbiamo bisogno per ricominciare.

E allora, ecco, vi anticipo che nei prossimi giorni proporrò altre tappe sul cammino della speranza. La speranza non è arrivata al capolinea. La speranza è davanti a noi. Ci accompagni nella ripartenza che inizierà domani per tanti e per tutti, da qui, dalla Parola del Signore, assieme a Maria.