Omelia mella messa dell'anniversario di Claudio Chieffo 2020

22/08/2020

Partiamo dalla domanda: “Cosa dice la gente di me, chi sono io per la gente?”. È una domanda necessaria, ma intermedia.

È un sondaggio. Ci chiediamo anche noi talvolta: ma chi è Gesù per la gente, oggi? Quanto conta Dio nella vita delle persone? Entra ancora in relazione con la gente. Talvolta le risposte sono sorprendenti. Certo non ci sono i numeri che, ci dicono, riempivano le chiese un tempo. Ma rimane in ogni caso un mistero. Ma la vera domanda è la seconda e che Gesù rivolge ai suoi e rivolge a noi tutti. Lascia stare quello che pensa la gente. Nel bene o nel male non lasciarti influenzare. Ma chiediti: che relazione c’è tra te e Gesù. Non che relazione c’era ma che c’è oggi, tra te e Gesù. Quanto umanità c’è tra te e Gesù.

Gesù, oggi ti chiede: “Ma: chi sono io per te?”. Come fa la moglie, qualche volta, che chiede al marito: “Ma chi sono io per te?”. O magari la mamma lo domanda al figlio: “Ma chi sono per te?”. Anche il parroco potrebbe chiedere: “Ma chi sono per voi?”. Insomma, è una domanda più diffusa di quanto si pensi … una domanda che dovremmo porci più spesso.

Una domanda. Da non dare per scontata la risposta.

Claudio non ha mai evitato direttamente di porsi questa seconda domanda. Sta credo, dentro a tutte le sue canzoni, perché stava dentro la sua vita, ha risposto a questa domanda con la sua vita, con le sue canzoni, con le sue scelte.

E, allora voglio subito, dirgli grazie.

È un sentimento di gratitudine quello che mi anima. Grazie Claudio, per aver riempito di canti, di amore, di fede e di gioia le mie mattine di giovane seminarista, svegliato dai tuoi canti e accompagnato nella messa ancora dai tuoi canti. Anch’io ti conoscevo senza averti incontrato.

Non so proprio come far per ringraziare il mio Signor:

Lui m’ha dato i cieli da guardar e tanta gioia dentro al cuor.

E poi gratitudine, per il bisogno che abbiamo di cantare anche oggi. Mi ha colpito il fatto che Claudio ha cantato fino all’ultimo.

Cantare non solo quando si è giovani, contenti, pieni di speranza e di salute. Ma anche e soprattutto quando siamo nel buio. Quando abbiamo paura, quando siamo nella prova. Cantare per farci coraggio, per tenere viva la speranza. Il suo anniversario ricorre in un tempo di incertezze, ansie, paure. Ma noi non vogliamo affatto lasciarci vincere dalla paura. Cantare non spinti dalla paura ma dalla fede.

Aspetto che passi la notte,

notte lunga da passare

e sento il mio cuore che batte

e non smette di sognare...

Diceva mons. Negri, nell’omelia delle esequie: “C’è la notte. C’è la notte della morte del Signore e c’è la notte della tua morte. Ma c’è il giorno della Resurrezione del Signore e c’è il giorno della tua Resurrezione che è già iniziata. Noi siamo in questa notte con la certezza del giorno e ci identifichiamo davvero in quell’ignoto centurione romano a cui la Chiesa ha affidato la prima testimonianza della fede in Cristo, crocifisso e risorto.”

Ogni morte, ogni notte, ogni tenebra che umanamente esperimentiamo la ritroviamo nella notte del venerdì santo. E ancora di più nel silenzio del sabato santo. Nella notte o cantiamo o facciamo silenzio. Le parole da sole non bastano.

Ma dopo la notte, la morte, il buio, la paura, il silenzio, dopo il venerdì e il sabato santo, c’è il giorno della Resurrezione del Signore e c’è il giorno della tua Resurrezione che è già iniziata.

Cantare la risurrezione, la speranza che sconfigge la morte. C’è la risurrezione, la domenica senza fine.

Non si arriva alla risurrezione, alla domenica, alla festa senza fine, se non si passa per la morte. La morte non come fine, ma nel suo significato cristiano: la croce come il canto del dono totale di sé.

Ed è su questo che saremo giudicati.

Non ci sono scorciatoie. Lo vediamo anche in questi giorni, dove molti sono tentati di venir meno al dovere della responsabilità nei confronti della propria vita e della vita degli altri. Interpretano la libertà, scollegata dall’amore verso gli altri e se stessi, e quindi senza amore verso Dio. Il Dio della vita.

Ad esprimere il nostro amore, nella condivisione del dono, della sofferenza. Nel coraggio di stare dentro la sofferenza.

Ma c’è un’altra risposta che vorrei sottolineare, la conclusione di Gesù. Ed è la nascita di nuove relazioni umane. Nasce la Chiesa.

Quando dice a Pietro: «Tu, Simone, sei Pietro – cioè pietra, roccia – e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (v. 18) e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.

Vorrei davvero invitarvi a prendere in considerazione come non mai questa parola: su questa pietra (cioè sulla fede di Pietro in Gesù) costruirò la mia Chiesa!

Gesù non dice, come accaduto in altre occasioni: “Vai, hai risposto bene”. Ma, a partire da Pietro, Gesù costruisce la nuova Chiesa. E questa Chiesa strapperà gli uomini dalla morte, tirerà fuori le persone dalle tenebre.

Dice Papa Francesco: anche con noi, oggi, Gesù vuole continuare a costruire la sua Chiesa…

Noi certamente non ci sentiamo delle rocce, ma solo delle piccole pietre. Tuttavia, nessuna piccola pietra è inutile, anzi, nelle mani di Gesù la più piccola pietra diventa preziosa. Ognuno di noi è una piccola pietra, ma nelle mani di Gesù partecipa alla costruzione della Chiesa.

E allora, e chiudo, sottolineando che la sua vita è stata segnata dall’amicizia.

L’amicizia è la piccola pietra che costruisce la Chiesa. l’amicizia con Cristo e con gli amici di Cristo.

Ho un Amico grande grande, di più giusti non ce n’è:

mi ha donato tutto il mondo, è più forte anche di un re.

Se io tremo Lui è sicuro

e non ha paura mai:

è l’Amico più sincero sai

e ti segue ovunque vai.

L’amicizia non è solo un sentimento umano, splendido, fragile e incerto se fondato solo sull’umano, ma è un anticipo di eternità.

La domanda da cui è partito Gesù non è come l’interrogazione di scuola: data la risposta esatta, è finita la questione. Si tratta invece di una chiamata alla costruzione di un progetto. Il progetto di una nuova fraternità. È una convocazione! Una chiamata!

E nel canto, Claudio cantava l’amicizia. Sofferta, gioiosa, solitaria, condivisa fino all’estremità dei confini. L’amicizia è un anticipo di paradiso. È il sentimento fraterno della famiglia umana. Non siamo solo fratelli nel sangue, ma anche nella cura e custodia gli uni degli altri.

Coincidenza vuole che oggi siamo alla conclusione del meeting. Mi pare importante il messaggio che ci viene rivolto a tutti: il meeting dell’amicizia dei popoli. Non è solo un meeting. Non è di un gruppo, di un movimento. Non solo per chi ci va, ma è per tutti. Una pista di lancio. Per costruire amicizia, nella chiesa, nei popoli.

Invochiamo Maria, la stella del mattino.

Madre, non sono degno di guardarti,

però fammi sentire la tua voce,

fa’ che io porti a tutti la tua pace

e possano conoscerti ed amarti.

Ave Maria splendore del mattino,

puro è il tuo sguardo ed umile il tuo cuore,

protegga il nostro popolo in cammino

la tenerezza del tuo vero amore.

Lei, la nostra Madre, che ha accolto il seme di Dio, ci aiuti a non voler vedere il seme,

ma lasciare che spunti

perché il tempo del germoglio

lo conosce il mio Signore.

Amen.