Omelia nel mercoledì delle ceneri 2021

17/02/2021

Tre giorni fa, gli innamorati - nonostante le condizioni quasi impossibili - si sono scambiati i segni del loro amore. Alcuni, si sono ritrovati a san Mercuriale, in una veglia di preghiera, meditando sulle tre parole suggerite da Papa Francesco per una buona manutenzione del loro amore: grazie, permesso e scusa. In particolare, si sottolineava quanto sia importante fare pace prima che finisca la giornata. Insomma, riconciliarsi.

Mi sono venuti in mente proprio loro, mentre leggevo l’appello di san Paolo ai cristiani di Corinto, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: “Lasciatevi riconciliare con Dio”. In questi mesi, anzi, oramai, in questo anno di pandemia, un po' con Dio ce l’abbiamo. Abbiamo dubitato di Lui. Soprattutto qualcuno dei nostri si è allontanato.

Allora, come fra innamorati, facciamo pace. Forse non abbiamo commesso peccati gravi, ma l’indifferenza, la freddezza, il sospetto, la trascuratezza uccidono l’amore anche senza che avvengano fatti concreti di infedeltà. La Quaresima sia il tempo della Riconciliazione, dico anche a voi: Lasciatevi riconciliare con Dio!

Nella prima lettura, Gioele, profeta vissuto nel V secolo prima di Cristo, fa sue le parole di una celebrazione comunitaria del popolo d’Israele colpito da ben due flagelli: la siccità e le cavallette. E si fa portavoce del popolo, implorando la misericordia del Signore: perdona Signore, perdona il tuo popolo. Perdona se abbiamo dubitato di te, dimenticando i segni del tuo amore, che hai seminato abbondantemente anche in questi tempi.

Come avremmo fatto senza la comunione fraterna, la solidarietà, l’aiuto reciproco? Come avremmo fatto senza i doni dello Spirito santo, sorgente dell’amore? “L’amore del prossimo unico criterio secondo cui tutto deve essere fatto o non fatto, cambiato o non cambiato “(beato Isacco).

Vi ricordate l’anno scorso, cari fratelli e sorelle? Eravamo riuniti qui e ci eravamo ritrovati in pochi, in rappresentanza di molti.

Non servivano le ceneri per ricordarci che eravamo polvere e che polvere ritorneremo.

Ma le ceneri non sono segni di morte. Ci ricordano che per questa polvere il Figlio di Dio si è fatto uomo e ha dato la sua vita per noi.

Siamo importanti per il Signore, Egli è innamorato di noi. Non ci abbandona al potere della morte. Lui non si allontana da noi, siamo noi che ci siamo allontanati da Lui (o siamo tentati di farlo).

Cosa fare per ritornare a Lui?

Le tappe del ritorno a Lui sono le classiche tappe della Quaresima, ma sono sempre nuove: elemosina, preghiera e digiuno. Come le parole degli innamorati: grazie, permesso e scusa.

La prima parola è elemosina. In realtà dovrebbe essere l’ultima, il frutto delle altre due, soprattutto della seconda, la preghiera.

Ma altre volte, nelle sacre scritture, si inizia dalle azioni concrete. L’aiuto concreto verso il prossimo, ha come risultato, se è autentico, la crescita spirituale e umana di chi la compie. Come dice san Francesco è dando che si riceve. Non ci impoveriamo mai se doniamo, perché il dono presuppone uno sguardo gentile e generoso verso il prossimo. Anche in questi tempi difficili, abbiamo visto che la carità ha salvato le relazioni umane. Non pentiamoci mai del bene che facciamo: moltiplichiamolo. Siate grandi nella gentilezza e nella generosità!

La seconda parola è preghiera. Una preghiera personale, da camera, come ci ordina Gesù. Ma cosa vuol dire pregare? Sappiamo davvero pregare? I discepoli chiedevano a Gesù: Insegnaci a pregare. Chi non crede nella preghiera è perché non sa pregare. Ricordatevi, cari fratelli e sorelle, che per pregare non basta dire preghiere.

Pregare è, soprattutto, ascoltare, è aprire il vangelo, leggerlo ogni giorno, goccia a goccia, condividerlo. Ascoltare il Vangelo di Dio. Attraverso la lettura del Vangelo sapremo scoprire la buona notizia anche dentro questo tempo, anche dentro le nostre paure. Quando sapremo trovare l’alba dentro l’imbrunire.

Abbiamo uno stimolo in più quest’anno. Ricorderemo quest’anno i 700 anni della morte di un nostro concittadino famoso. Non è nato qui, ma ha abitato per anni a Forlì, non è stato solo di passaggio, ma qui è vissuto a lungo: Dante Alighieri.

Vi diranno tante cose belle e giuste di lui. Vi invito solo a non dimenticare che, scrivendo la Divina Commedia, Dante ha dimostrato di conoscere molto bene le Sacre Scritture.

Non è un santo, ma certamente voleva incontrare Dio, aveva fede in Dio e conosceva molto bene la Parola di Dio. Imitiamolo. Ha potuto conoscere, diceva nel cantico del Paradiso: La gloria di colui che tutto move / per l’universo penetra, e risplende / in una parte più e meno altrove. La potenza di Colui (Dio) che muove ogni cosa

si diffonde in tutto l'Universo e splende

più in alcune parti, meno in altre.

E attraverso le scritture, Dante ha potuto incontrare Dio che lo ha salvato liberandolo da una selva oscura che minacciava la sua vita. Si dice che se non ci fosse stato l’esilio, forse, non avremmo la Commedia. Concordo. Ma neanche se non avesse avuto la fede e non avesse una grande conoscenza della Bibbia non avremmo la Divina Commedia. Impariamo da Dante: cerchiamo Dio nelle sacre Scritture. Preghiamo di più, ascoltiamo di più Dio che ci parla.

E, infine, il digiuno. C’è un’altra cosa positiva, che forse abbiamo riscoperto in questi tempi. Costretti a rimanere a casa, abbiamo, forse, riscoperto il silenzio, la riflessione, la privazione di tante cose che ci proiettavano all’esterno. Il digiuno ci aiuta a custodire la nostra anima.

Quando sentiamo la parola digiuno, non pensiamo subito al cibo. Riflettiamo sul senso della nostra vita, leggiamoci dentro e vediamo cosa veramente conta. Guardiamo dentro di noi, nella nostra coscienza e coltiviamo e custodiamo le relazioni familiari e amicali, ciò che veramente conta.

Sottolineo infine, una parola ripetuta tre volte: Dio vede nel segreto. Elemosina, preghiera, digiuno non per farsi vedere ma per crescere nell’interiorità e nell’autenticità.

Concludo e riassumo. Dante ha coltivato un grande desiderio: quello di incontrare Dio, già in questa vita. Un incontro che lo sostenesse nel suo esilio doloroso e pesante. In particolare, ha immaginato che per poter entrare in Paradiso dovesse essere esaminato sulla fede, sulla speranza e sulla carità. Esaminiamo la nostra fede, la nostra speranza, la nostra carità. Non è un professore, è la vita che ci interroga, in modo anche duro e inesorabile. La risposta è dentro di noi. Prepariamoci a trovarla nella Pasqua del Signore. Sia chiaro tuttavia che non possiamo celebrare una buona Pasqua se prima non percorreremo una vera Quaresima. Allora saremo saldi nella fede, gioiosi nella speranza e operosi nella carità. “Oggi abbassiamo il capo per ricevere le ceneri. Finita la Quaresima ci abbasseremo ancora di più per lavare i piedi dei fratelli.” (P.F. ceneri ’21)

Maria, di speranza fontana vivace, con dolce fermezza ci accompagna dentro il cammino della nostra vita.