Omelia nella festa dell'Annunciazione 2020

25/03/2020

Omelia nella festa dell'Annunciazione (25 marzo 2020)


È con particolare attenzione che abbiamo letto oggi questo brano. Non è un brano qualsiasi e non è un episodio come gli altri.

Di certo Maria sperimenta in modo del tutto inaspettato un avvenimento singolare, inedito ed esclusivo, destinato a lei soltanto. Questo incontro misterioso, unico, sconvolgente, le ha letteralmente cambiato la vita. La sua vita era probabilmente in certi momenti movimentata e in altri più tranquilla, ma comunque una vita con tutti i canoni della normalità. Non era di certo facile vivere a Nazareth, cittadina ai confini della Galilea, sempre minacciata di venir spazzata via da qualche pericolo. Gerusalemme era lontana e gli abitanti di Nazareth, come tutti i poveri, non avevano la possibilità di difendersi. Nonostante questo, tuttavia, la vita di Maria era per altri versi tranquilla. Sapeva, ad esempio, cosa l’aspettava. Era promessa sposa di un uomo giusto e buono, che l’avrebbe protetta. Sebbene molto giovane, stava già pensando di farsi una famiglia.

E invece un angelo, un messaggero, le cambia per sempre la vita.

Dicevo che non è un episodio come gli altri per Maria, ma questo vale anche per noi.

Il sì di Maria, infatti, ha cambiato anche la nostra vita. È la scintilla che ha aperto la porta all’ingresso nel mondo del Figlio di Dio.

Oggi potremmo cercare le innumerevoli pitture che hanno ritratto questo incontro tra Dio creatore e la sua creatura, parole queste usate da Dante per descrivere Maria (oggi, lo ricordo, è la giornata nazionale a Dante dedicata); e sempre di Dante sono le parole dell’inno che la chiesa prega nel Comune della vergine:

“tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti sì, che ‘l suo fattore

non disdegnò di farsi sua fattura”.

(Tu sei colei che nobilitò a tal punto la natura umana, che Colui che creò questa natura non disdegnò di diventare Egli stesso creatura).

Dovremmo tutti restare in silenzio, a guardare questi quadri e ad immaginare i pensieri di Maria (qualche sua parola la conosciamo già); e potremmo anche cercare di immaginare i pensieri dell’angelo, la sua non era solo una qualunque consegna da fare.

E potremmo infine cercare di immaginare i pensieri di Dio. Sì, proprio così, i pensieri di Dio. Come ha avuto il coraggio di credere così tanto nell’uomo? Come ha avuto il coraggio di credere e puntare tutto su una ragazzina, povera e poco stimata, come accadeva a tutte le donne del suo tempo (ma non solo allora), così dominate da un mondo maschilista?

Aveva ragione il Card. Martini quando riconosceva la sua incapacità di commentare questo brano. Solo il silenzio lo poteva accogliere…

Quello che ha vissuto Maria, capita anche oggi nelle storie di vocazione. Vocazioni al matrimonio come Maria, ma anche vocazioni alla vita consacrata. In entrambi i casi, sono vite sconvolte dall’amore.

In questi giorni di forzata convivenza 24 ore su 24, l’amore può trovare nuove energie, nuove scoperte, nuove sorprese, stando accanto a una persona che pensavamo già di conoscere. Ci si conosce e ci si ama, anche nei conflitti. E certamente ce ne sono stati. Non è facile vivere insieme per così tanto tempo. Ci vuole tanto amore e tanta pazienza.

Ma lo stesso vale anche nelle vocazioni alla vita consacrata, vissute in comunità. Se non c’è amore per Dio, per i fratelli, per le sorelle, non si può stare insieme. Per questo anche la vita di comunità religiosa non è facile. E forse questi tempi hanno qualcosa da insegnarci.

Il sì a Dio è sì all’uomo. È condivisione profonda.

Ecco, l’atto di fede più vero e profondo è quello di Dio che si fa uomo. Dio viene a condividere la nostra vita.

In questi interminabili giorni, privati dai riti e dalle celebrazioni, così belle quando sono belle, ricordiamoci dell’annunciazione, dell’incarnazione di Dio che non entra in un tempio, ma entra nel grembo di una vergine. E cammina con Lei.

Se Dio si è fatto uomo è perché c’era bisogno di salvare il mondo. C’era una epidemia di egoismo, una prepotenza del male che avviliva le creature.

Il progetto di Dio, affidato a Maria, consegnato nelle mani di Maria, in mani che sembravano troppo fragili e troppo deboli, ha significato il rinnovamento dell’umanità.

“Eccomi, sono la serva del Signore”. Fra poco tutti ci affideremo a Maria, alla sua preghiera, al suo amore di Madre, alla sua materna protezione. Come tanti di tante generazioni si sono a lei affidati.

Ma, prima di affidarci, ricordiamoci che Lei si è totalmente e senza riserve affidata a Dio e ci è stata affidata da suo Figlio. “Donna, ecco tuo Figlio”.

“Eccomi, sono la serva del Signore.” Stupisce come questo evento così rivoluzionario, resterà in verità nascosto per mesi, anzi per anni. Tutto sembra continuare come prima.

La nostra preghiera, il nostro affidarci a Dio, il nostro amare il fratello, sembra non incidere per niente sulla storia degli uomini, come i gesti umili di una serva, di una collaboratrice. Sembrano poca cosa. Accade anche in questi giorni, nei quali un virus mortale impazza e infierisce e sembra che niente e nessuno sia capace di fermarlo e di vincerlo; solo i gesti d’amore e di responsabilità individuale e collettiva alla lunga lo vinceranno.

Pur nella tragedia, ci illuminano gesti di straordinaria generosità. Ho telefonato domenica pomeriggio ad un amico di Bergamo che mi raccontava un fatto poi uscito anche sui giornali. I parrocchiani avevano regalato un respiratore al loro parroco malato; in ospedale, egli a sua volta lo ha regalato ad uno che ne aveva più bisogno. Il parroco domenica sera è morto. Mi ha fatto venire in mente l’esempio di Padre Kolbe. L’umanità vincerà e saprà resistere al male. Resistenza sempre, ci ricordavano quelli dell’Anpi. Se è guerra, allora c’è bisogno di resistenza. Come Maria. Che davanti al male di allora, non si è chiesta cosa potesse fare proprio lei di fronte a tutti i problemi del mondo, ma ha risposto “Eccomi, sono la serva del Signore”.

Silenzio, preghiera (pregheremo il Padre nostro insieme a papa Francesco a mezzogiorno e questa sera il rosario alle 21), solidarietà concreta di tanti volontari che portano la spesa a casa agli infermi (ma invito tutti i nipoti a telefonare ogni giorno ai nonni).

Sono segno del dono di sé al progetto di Dio e amore verso l’umanità concreta, sono segnali e indicazioni molto utili per noi anche oggi e speranza per il futuro. Non solo dobbiamo invocare Maria, affidarci a Lei, ma dobbiamo anche imitarla, nelle nostre case e nel contesto drammatico che stiamo vivendo.

+Livio vescovo