Omelia nella festa della vita consacrata 2020

02/02/2020

Omelia nella festa della vita consacrata (2 febbraio 2020)


Oggi celebriamo una grande festa, che ci riporta al grande mistero d’amore e di offerta della vita di Dio all’uomo dell’Incarnazione. Per questo nella liturgia è prevista una processione con le candele accese: è il popolo di Dio che va incontro al Signore, “luce delle genti”. È la festa dell’incontro.

E facciamo festa per l’incontro di questa sera con i nostri fratelli e le nostre sorelle che hanno donato totalmente e profondamente la loro vita al Signore.

Ogni dono può essere letto sotto due punti di vista: o come la perdita di qualcosa che non si possiede più e che abbiamo donato ad altri oppure come una cosa che arricchisce anche chi lo dona e non solo chi lo riceve.

Pensavo a questo quando mi sono imbattuto in una frase di (Søren Kierkegaard) citata da madre Anna Cànopi: «Si parla tanto di vite sprecate: ma sprecata è soltanto la vita di chi la lascia passare senza rendersi conto che esiste Dio».

Oggi la chiesa tutta prega per i MEMBRI DEGLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E DELLE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA. E accogliamo per la prima volta presenti in mezzo a noi le sorelle di Montepaolo e di san Pietro in Vincoli. La loro presenza conferma e arricchisce la nostra comunità.

Ma cosa servono le claustrali e i religiosi e le religiose di vita apostolica, alla chiesa e al mondo? Le claustrali, per esempio, che si sono volutamente separate, quasi in fuga dal mondo, non sono forse un impoverimento per tutti, con tanto bisogno che abbiamo di volontariato, servizio attivo nel mondo dei giovani, degli anziani, dei malati? Come servono alla chiesa le claustrali?

Lo può capire solo chi non soltanto crede nell’esistenza di Dio, ma crede che l’unico modo per comunicare con Dio è quello dell’amore. Le sorelle della vita claustrale dimostrano a noi, in modo radicale e profondo, un amore di Dio senza risparmio.

E i fratelli e le sorelle di vita attiva, ci ricordano che tutti siamo chiamati vivere la fraternità ecclesiale, in obbedienza al Vangelo, con purezza di spirito.

Nel vangelo c’è un uomo, di nome Simeone; è anziano ma è nel tempio da quando era giovane. C’è una donna, di nome Anna; è anziana anche lei, ma anche lei è entrata nel tempio da giovane: entrambi sono in continuo ascolto della Parola di Dio.

Simeone, che è “in costante attesa della consolazione di Israele”, cioè della fine della schiavitù, aveva ricevuto una profezia, che non sarebbe morto senza prima aver visto il Messia. È il segno della pazienza della fede.

Anna, profetessa, vedova da giovane, che stava sempre in preghiera nella casa di Dio, vegliando e digiunando, incontra la famiglia di Nazareth e riconosce anche lei il Messia nel piccolo Gesù. Anche lei inizia a narrare la buona notizia (vangelo) a quanti sono presenti nel tempio.

Anche lei, come i pastori e i Magi, proclama il vangelo.

Simeone e Anna sono nel tempio, ma non sono fuori del mondo, la loro preghiera non li estranea dalla vita, ma ha affinato lo sguardo su quello che sta accadendo e che è sotto gli occhi di tutti, eppure nessuno se ne accorge se non loro due.

I consacrati e le consacrate sono testimoni di quanti affanni, dolori e angosce vengono resi partecipi. Anche le suore di clausura, sono separate dal secolo, ma non dall’amore dei fratelli. Hanno un compito importante: vivere l’amore indiviso, nutrito abbondantemente di Parola di Dio e di Eucaristia. I consacrati crescono nell’amore che si dona a Dio, alla chiesa e al mondo.

Lo dicevo anche l’anno scorso, abbiamo bisogno di voi cari fratelli e sorelle, anziani e giovani, infermi o attivi, non tanto per quello che fate, ma per quello che siete, e per il desiderio e la sete di amore che ci testimoniate ogni giorno.

Nella nostra comunità stiamo vivendo un momento delicato di passaggio, che richiede dei cambiamenti.

Come dice papa Francesco siamo in un cambio d’epoca che ha pochi confronti nella storia delle nostre comunità, in duemila anni a questa parte.

Si sta affievolendo la fede in tanti cristiani, o si ricorre ad essa solo quando ne abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di uno sguardo di fede. Lo sguardo di Simeone e Anna, dei consacrati. Di gente mossa dallo Spirito, che legge la vita. La vostra vita, la vostra scelta, ci mette di fronte ad una richiesta più profonda. La fede o incide e orienta tutta la vita, infonde un senso alla vita, o non ha nessun senso.

Voi siete una luce che accende le nostre luci, talvolta spente e affievolite.

Che riscalda i nostri cuori, sparpagliati in mille cose, ma non in quelle più importanti.

Aiutateci a trovare il gusto dell’ascolto del Vangelo e della bellezza della partecipazione all’eucaristia.

Se perdiamo queste due esperienze, la nostra fede è a rischio. Come è a rischio anche la nostra carità e solidarietà di cui siamo tanto fieri, se non è alimentata costantemente dal vangelo e dall’eucaristia.

Aiutateci a imparare e a vivere ogni giorno il confronto con il vangelo, come ci ripete anche continuamente il nostro papa Francesco. E come anche la celebrazione della prima domenica della Parola di Dio ce lo ha simbolicamente ricordato. Possiamo lasciare tutto, ma non l’ascolto condiviso della Parola di Dio e la celebrazione della cena del Signore.

Una celebrazione bella, partecipata, gustata, preparata, con gioia e consapevolezza.

È l’esperienza della vita comunitaria. La chiesa è una comunità di fratelli e sorelle, che non si sono scelti, ma che si sono ritrovati. Una esperienza di fede, non individualistica o settaria, ma condivisa. Voi siete in piccole comunità, ma siete cellule della nostra comunità. Esempio per le nostre comunità famigliari e parrocchiali.

Preghiamo perché non venga mai ad affievolirsi il vostro carisma, la vostra vocazione. C’è n’è bisogno oggi ancora più di ieri.

La vostra vita di preghiera e di comunione fraterna, ci dia speranza, perché a contatto quotidiano con l’amore di Dio, ci aiutiate a vincere la tentazione della lamentela, dello scoraggiamento.

Voi siete uomini e donne di speranza, che sanno leggere le ombre, ma che non lasciano alle difficoltà l’ultima parola, l’ultima parola non è la croce, ma la risurrezione.

Siete uomini e donne che anticipano il futuro.

Non è facile neanche per voi. Ma abbiamo bisogno per respirare dell’ossigeno dell’anima, che voi respirate ogni giorno.

Concludo con le parole di Papa Francesco:

Ecco il segreto: non allontanarsi dal Signore, fonte della speranza. Diventiamo ciechi se non guardiamo al Signore ogni giorno, se non lo adoriamo. Adorare il Signore!

Ringraziamo Dio per il dono della vita consacrata e chiediamo uno sguardo nuovo, che sa vedere la grazia, che sa cercare il prossimo, che sa sperare. Allora anche i nostri occhi vedranno la salvezza.