Omelia nella Giornata mondiale del malato 2021

11/02/2021

Omelia della Messa in Ospedale per la Giornata mondiale del malato (11 febbraio 2021)


Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa quanti la amate. Sfavillate di gioia con essa voi tutti che avete partecipato al suo lutto.

Sono le prime parole del profeta Isaia che abbiamo appena ascoltato. Da dove nasce la gioia del profeta? Egli annuncia la salvezza che avverrà attraverso una donna che, noi oggi, sappiamo essere la Vergine Maria. Ma al tempo in cui vengono pronunciate queste parole, la situazione non è facile. Gerusalemme vive momenti drammatici.

Maria, pochi giorni dopo l’annunciazione, intraprende un lungo viaggio e va ad incontrare la cugina Elisabetta, anche lei in dolce attesa di colui che sarà il precursore: Giovanni Battista.

E Maria risponde alla cugina Elisabetta, che la accoglie con un Beata te hai creduto nell’adempimento cantando la lode al Signore: L’anima magnifica il Signore.

Se un drone avesse ripreso dall’alto questa scena avrebbe visto due donne, una casa dignitosa ma modesta, un po’ spersa nelle colline vicino a Gerusalemme. Nulla che desse motivo per gioire in modo così forte. Apparentemente.

Confesso che ero un po’ incerto se lasciare o meno queste letture per il nostro ritrovarci qui oggi.

In un primo momento le trovavo stonate, inadeguate per questo tempo che stiamo vivendo.

Un tempo dove la morte e la malattia occupano il centro dei nostri pensieri, il centro delle nostre preoccupazioni.

La morte è un destino inevitabile, ma nello stesso tempo, umanamente, rimosso per gran parte delle nostre giornate. Troppo spesso, gli uomini e le donne di questo tempo non hanno motivi per gioire. Ma, allora, dove trovano i credenti come Isaia e come Maria i motivi di gioia?

Oggi celebriamo la festa della Madonna di Lourdes ricordando la prima apparizione avvenuto giovedì 11 febbraio 1858 e, in seguito, altre 17 volte. Si presentò come l’Immacolata concezione, dogma approvato solennemente solo 4 anni prima da papa Pio IX.

Bernardette era una povera ragazza che pascolava il gregge in mezzo alle colline di Lourdes, insieme alle sue amiche, certamente inadeguata rispetto a tante altre ragazze più preparate. O, forse, sarebbe stato meglio se Maria, per la sia apparizione, avesse scelto dei maschi.

E, invece, anche in questo caso, Santa Bernardette è una ragazza povera e destinata a stare, per molte ore della giornata, a pascolare, difendere, custodire un gregge di pecore.

L’incontro con la Vergine le cambierà la vita. All’inizio nessuno le crede. Poi, un po’ alla volta, si crea un movimento.

Ho visto la casa di Bernardette a Lourdes. Visse con la famiglia nel cosiddetto cachot, caratterizzata esclusivamente da una stanza di appena 16 m², scura e malsana, in quanto precedentemente era stata un carcere cittadino, fatto spostare altrove proprio per motivi di cattiva igiene.

Morirà all’età di 35 anni, nel 1874. Dirò fra poco della coincidenza della Giornata mondiale del malato con la festa della Madonna di Lourdes.

Apparentemente, Bernardette non ci ha guadagnato tanto dalle apparizioni di Maria. Non ha ricevuto il dono della guarigione. Non ha avuto il dono della salute.

Le figure di Maria e Bernardette Soubirous ci insegnano a vivere questo tempo. Bernardette è donna di fede, che non si arrende davanti alle prospettive della sua vita, dalla quale non poteva aspettarsi granché. Eppure, ha incontrato la gioia perché ha incontrato Maria.

Maria ha accolto nel suo grembo il Figlio di Dio, non sapendo bene quello che avrebbe fatto, ma fidandosi di Dio.

Anche noi cristiani, chiamati ad esserlo in modo inedito, con grande fiducia, tra luci e ombre, come veri amici del Signore, siamo chiamati a non ignorare gli ostacoli, ma ad abbracciare e diffondere l’agire di Dio nella nostra vita.

Papa Francesco nel messaggio di quest’anno per la giornata del malato Siete tutti fratelli ha detto:

L’attuale pandemia ha fatto emergere tante inadeguatezze dei sistemi sanitari e carenze nell’assistenza alle persone malate. Nello stesso tempo, la pandemia ha messo in risalto anche la dedizione e la generosità di operatori sanitari, volontari, lavoratori e lavoratrici, sacerdoti, religiosi e religiose, che con professionalità, abnegazione, senso di responsabilità e amore per il prossimo hanno aiutato, curato, confortato e servito tanti malati e i loro familiari. Una schiera silenziosa di uomini e donne che hanno scelto di guardare quei volti, facendosi carico delle ferite di pazienti che sentivano prossimi in virtù della comune appartenenza alla famiglia umana.

Molti sono stati coloro che hanno dato tanto agli ammalati che erano affidati alle loro cure. E non solo in ambito medico.

Siamo qui a ringraziare il Signore per aver loro dato forza, coraggio, perseveranza, spirito di sacrificio e di misericordia.

Questi sono tutti atti di fede nella fraternità universale. Donando la propria vita, tempo, energie a persone sconosciute, ma alle quali ci lega la comune appartenenza umana. Siete tutti fratelli.

Cosa ci ha ricordato il Papa?

Una società è tanto più umana quanto più sa prendersi cura dei suoi membri fragili e sofferenti, e sa farlo con efficienza animata da amore fraterno.

Concludo ricordando la profonda relazione che c’è tra la Madonna di Lourdes e i malati. Fin dall’inizio sono accorsi i malati alla grotta di Massabielle, a chiedere guarigioni del corpo e dello spirito. Alcuni sono stati guariti nel corpo e hanno riacquistato, per un certo tempo, la salute. Ma tutti, se si sono avvicinati con fede, hanno ricevuto grazie spirituali migliorando le loro relazioni con Dio e con i fratelli. E, concludeva Papa Francesco nel messaggio di quest’anno, è proprio la relazione il dono più prezioso che dobbiamo chiedere: la sorgente inesauribile è la carità di Cristo.

In effetti, dal mistero della morte e risurrezione di Cristo scaturisce quell’amore che è in grado di dare senso pieno sia alla condizione del paziente sia a quella di chi se ne prende cura. Lo attesta molte volte il Vangelo, mostrando che le guarigioni operate da Gesù non sono mai gesti magici, ma sempre il frutto di un incontro, di una relazione interpersonale, in cui al dono di Dio, offerto da Gesù, corrisponde la fede di chi lo accoglie, come riassume la parola che Gesù spesso ripete: “La tua fede ti ha salvato”.

Maria, da mamma, ci raccomanda di volerci bene da fratelli e sorelle quali siamo. E il miglior vaccino e la migliore medicina è la fraternità. Come abbiamo potuto vedere anche in questi mesi di pandemia.

Ci auguriamo che questo appello sia fatto nostro sempre. La consapevolezza che siamo tutti nella stessa barca e che siamo tutti membri della stessa famiglia, ci consola.