Omelia nella Messa della notte di Natale 2023

24/12/2023

“IL POPOLO CHE CAMMINAVA NELLE TENEBRE VIDE UNA GRANDE LUCE”



Cari fratelli e sorelle, continuiamo ancora a camminare nelle tenebre. Abbiamo collocato la luce di Betlemme accanto al presepe. Betlemme di oggi, la casa del pane, è affamata di pace e di pellegrini di pace.
Le tenebre sembrano averla vinta. Se la luce è venuta in mezzo agli uomini, le tenebre non sono scomparse. Ma anche la luce non si è spenta. Chi la dura la vince.
Abbiamo bisogno ancora e sempre della luce che Cristo è venuto a portare.
Se non avessimo bisogno di luce, Dio non sarebbe nato, non sarebbe venuto. Se non avessimo più bisogno di Lui, Dio non continuerebbe a venire. Egli è il veniente…
Abbiamo bisogno di Lui anche se spesso, sempre più spesso, l’uomo gli volta le spalle e nega l’assoluta necessità della sua luce.
L’uomo continua a non accoglierlo, anche i suoi, anche noi, che ci consideriamo i suoi, siamo tentati di cercare altre strade. Che almeno ci assicurino una tregua, non vedendo arrivare la pace.
Il buio è il suo nemico contro cui ha lottato e continua a lottare. Che il buio sia il nemico di Dio lo vediamo anche dal fatto che Gesù non solo è nato di notte, ma è anche risorto di notte.
L’uomo invece si sta abituando alla notte. Se ne è fatto una ragione, oramai pensa che sia la notte il suo giorno.
Non ama più la luce di Cristo e nega a se stesso di averne bisogno.
Dio ha mandato suo Figlio a salvarci non solo ad illuminare di luci di questa notte. Egli è venuto ad illuminare tutta la nostra vita.
È Lui il dono di cui abbiamo bisogno. Tutti i doni e i regali che abbiamo preso non servono a niente se non ci ricordano del dono della sua luce. E, infatti lo vedremo dopo Natale quanto sono serviti…
Lui è venuto a portare la luce e non aspetta altro che qualcuno accenda la sua candela alla sua luce. Dio ha bisogno di noi, come ha avuto bisogno di Maria, di Giuseppe, dei pastori, dei Magi…
Sono gli unici che lo hanno accolto e fatto conoscere.
Dio ha bisogno di uomini e di donne che lo cerchino e lo accolgano, che si fidino di Lui e della Sua luce.
Nonostante la retorica, il presepe fotografa il dramma del rifiuto di Dio.
C’è chi lo accoglie, pochi, e chi lo rifiuta, pochi. E chi rimane del tutto indifferente, molti. Sta a noi scegliere da che parte stare.
Eppure, il suo messaggio è decisivo per la nostra vita.
“Gloria a Dio e pace in terra” annunciano gli angeli ai pastori. Egli è venuto ad insegnarci la via della pace.
Non dimentichiamo il contesto storico di quando è nato il presepe: era un contesto di guerra. San Francesco aveva appena incontrato il sultano Malik al Kamil che lo aveva accolto con ammirazione. Le armate cristiane volevano riprendersi i Luoghi Santi a tutti i costi. Francesco pensava che bisognava restare fratelli.
Nella notte magica di otto secoli fa nel borgo di Greccio, Francesco fa allestire una mangiatoia piena di fieno e lì accanto mette un bue e un asino, due animali simbolici che stanno a rappresentare gli ebrei e i pagani, (come descritto da profeta Isaia) in particolare i musulmani. Diceva Francesco: “Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello” (Tommaso da Celano, Vita prima). Francesco non vuole realizzare una bella opera d’arte, ma suscitare, attraverso il presepe, lo stupore per l’estrema umiltà del Signore, per i disagi che ha patito, per amore nostro, nella povera grotta di Betlemme.
Colloca un altare portatile (con il permesso del Papa) e mentre un prete presiede la messa lui, diacono, canta il Vangelo di Luca che abbiamo appena ascoltato, lo commenta con parole dolci di amore e di dono.
Fra qualche giorno mi recherò in pellegrinaggio nei luoghi di questo avvenimento e nella grotta c’è un dipinto che rappresenta la nascita di Gesù e il presepe di Francesco in entrambi i casi la culla ha la forma del sepolcro. Cristo è venuto a donare la sua vita per amore nostro e per la nostra salvezza. È nato per donarsi.
Francesco non ha collocato un bambino nella greppia, come avremmo fatto noi, perché Cristo, vivo, era presente sull’altare dove si stava celebrando la messa. Nel pane eucaristico Cristo è vivo e ci vuole vivi. Dopo aver fatto la comunione siamo un cuor solo e un’anima sola con Cristo, nostro capo.
Cari fratelli e sorelle, coraggio, Gesù è venuto a vincere le tenebre di ieri e di oggi.
Cristo è qui ed è venuto a portarci oggi la luce.
Lasciamoci illuminare dalla sua luce e dal suo amore.
Diamogli spazio. Con Lui è possibile vincere il male, fugare le tenebre.
Se siete qui è perché siete disposti ad essere voi la culla che lo accoglie. Cristo ha bisogno di voi.
Siamo noi oggi chiamati a renderlo vivo e presente nella nostra storia.
Siamo noi il presepe vivente che San Francesco ha pensato, per il quale gli angeli hanno chiamato i pastori. Dove c’è una mangiatoia c’è Betlemme, dove c’è l’Eucarestia c’è Betlemme. Vieni Signore Gesù vieni.
Viene a nascere Signore, Gesù, nella nostra città e nei nostri paesi. Nuovi pastori e nuovi Magi ti cercano, ti attendono, ti adorano. Manda i tuoi angeli a svegliare le città addormentate, riempile della tua tenerezza.
Aiuta Signore a spalancare le porte del cuore di coloro che da quando erano ragazzini non ti cercano più, non attendono più, cercano ma non trovano vera gioia altrove, concentrati come sono sul benessere si ritrovano con l’anima vuota di attese vere.
“Noi siamo tutti lontani, smarriti, né sappiamo chi siamo, cosa vogliamo, Vieni Signore, Vieni ancora, vieni sempre, Signore” (David Maria Turoldo, Lo scandalo della speranza).
Accendiamo e custodiamo, fratelli e sorelle, la luce vera che illumina ogni uomo, è l’unica che le tenebre non riescono a spegnere.