Omelia nella Solennità del Corpus Domini (16 giugno 2022)

17/06/2022
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: “Congeda la folla perché vada nei villaggi a trovare cibo: qui siamo nel deserto”.

Gesù stava parlando e guarendo chi aveva bisogno di cure. I dodici lo interrompono e gli dicono di fermarsi. La scusa è buona, lascia che la gente vada a mangiare. E, sottinteso, riposati e mangia anche tu e anche noi con te. Un intervento saggio.
Ma Gesù coglie il momento per uno degli interventi più significativi, che lasciano il segno.
Le sue parole sono sconcertanti e restano una indicazione valida ancora oggi: “Date voi stessi da mangiare”.
Dal racconto che fa il vangelo, sappiamo cosa Egli ha voluto dire. Subito, infatti, portano a Gesù cinque pani e due pesci, lui spezza i pani e insieme ai pesci li consegna ai suoi discepoli, così che li distribuiscano alla folla. Tutti mangiarono con sazietà, rimarca l’evangelista.
Sottolineo tre cose:
- È quando si fa buio che il cristiano interviene. Nei tempi bui emerge la missione di un cristiano.
Anche adesso il giorno comincia a declinare. Il lume della ragione si sta spegnendo. Ma le tenebre non spaventano un discepolo di Gesù, non lo fanno indietreggiare.
Non perché non si rende conto di quello che succede, ma perché sa di poter contare su di Lui.

- Il Signore continua ancora oggi a spezzare i pani e i pesci e a chiedere ai suoi discepoli di distribuirli per ridare energie, di distribuire il cibo spirituale per poter vivere, oggi e qui.
- Il compito dei dodici, dei discepoli, non è di moltiplicare pani e pesci, ma di distribuirli. Il Signore ci ha già dato quello che serve, a noi il compito di accorgerci dei doni del Signore e di distribuirli.
E di raccogliere i pezzi avanzati.

Lo abbiamo visto anche in questi mesi, cari fratelli e sorelle.
Pensavamo che le nostre comunità non avessero più energie. Che le forze venissero meno. Pensavamo di non avere il vigore sufficiente, di limitarci a constatare il giorno che cominciava a declinare.
Siamo stati smentiti!
Quando sembra non ci sia più niente da fare, il Signore interviene.
Il Signore ha condiviso il tempo e le energie e ci ha fatto incontrare nei gruppi sinodali.
Il dono del pane nell’eucaristia è causa ed effetto del cammino sinodale.

A fine settembre, a Matera, si terrà il 27° congresso eucaristico; noi saremo qui impegnati a celebrare sant’Antonio di Padova e ricordare l’ottavo centenario della predica che tenne proprio a Forlì, quindi a Matera ci andrà una delegazione composta da alcuni animatori che promuovono l’adorazione eucaristica perpetua che va avanti da 6 anni.
Il titolo e le motivazioni sono importanti anche per noi tutti.
“Torniamo al gusto del pane per una Chiesa eucaristica e sinodale”.
Il pane è segno di famiglia, del cibo essenziale per la vita dell’uomo; esso è la fragranza della comunione.
“Il congresso eucaristico è parte integrante del Cammino sinodale delle chiese in Italia, in quanto manifestazione di una Chiesa che trae dall’Eucaristia il proprio paradigma sinodale”.
Lo abbiamo letto anche nella sintesi dei gruppi sinodali della nostra diocesi. Le celebrazioni eucaristiche sono in crisi. Il numero cala ulteriormente. Non sempre sono comprese e non sempre vengono vissute come essenziali per la vita delle persone. Come il pane nella nostra alimentazione. Pensiamo di farne a meno.

Ma abbiamo bisogno ancora di questo pane! Cari fratelli e sorelle.
Nell’eucaristia lo Spirito non solo trasforma il pane e il vino nei segni della presenza reale di Cristo, ma trasforma anche l’assemblea in corpo di Cristo.
È durante la celebrazione eucaristica che, dopo la consacrazione del pane e del vino, il sacerdote invoca lo Spirito su tutta l’assemblea perché diventi tutt’uno con Cristo. E diventiamo un cuor solo e un’anima sola!

Abbiamo bisogno dello Spirito per accogliere e donare l’unità e la pace.
Anche questa sera, celebrando insieme, camminando insieme, cantando insieme, esprimiamo quello che siamo: un cuor solo e un’anima sola.

Diventiamo una chiesa sinodale.
Lo Spirito non solo parla, ma opera. Ripeto qui, questa sera, le parole di sant’Antonio: tacciano vi prego le parole e parlino le opere.  Lui che è diventato famoso per le sue prediche, ci ricorda le opere. Gli fa eco, dopo centinaia di anni, Beata Benedetta, quando disse a coloro che la consideravano santa: Se lo dite e non ci credete, siete solo degli ipocriti. Se lo credete, allora poche chiacchiere, e imitatemi!

Mi pare che abbia parlato anche nella risposta generosa delle nostre comunità all’accoglienza dei profughi.
Oggi abbiamo inaugurato il centro di accoglienza presso il Monastero del Corpus Domini, grazie alla disponibilità delle suore clarisse urbaniste che hanno messo a disposizione il loro Monastero per accogliere profughi e vittime di guerra.
L’accoglienza è in continuità con l’adorazione eucaristica.
Cristo è presente nel pane eucaristico e lo stesso Cristo è presente nei poveri: “Ogni volta che avete fatto questo ad uno dei miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me”. Onoriamo lo stesso Cristo.

Abbiamo bisogno di essere contagiati dall’amore di Cristo che si fa nostro cibo, per vincere il contagio del male che sembra, talvolta, prevalere nella vita degli uomini.

Ma abbiamo bisogno ancora di questo pane, abbiamo bisogno di nutrire l’amore e la misericordia, gli uni verso gli altri.

Dacci sempre questo pane, Signore, con il tuo cibo cammineremo insieme e sapremo affrontare le tenebre che talvolta avvolgono la nostra vita, e la vita degli uomini.