Omelia per la festa della Vita Consacrata 2021

02/02/2021

Mi hanno sempre colpito, Simeone e Anna, che, come due nonni, si contendono il corpo di Gesù bambino e se lo gustano con occhi sognanti e poi lo propongono all’attenzione dei presenti.

È vero, sono anziani. Ma sono anziani perché si sono dimostrati campioni di costanza e di fede – fiducia nelle promesse del Signore. Fin da giovani aspettavano la realizzazione delle promesse, la venuta del Figlio di Dio. Non si sono arresi, hanno avuto fiducia nel Signore, hanno avuto la capacità di vedere quello che altri non vedevano. Tuttavia Simeone e Anna non avevano avuto nessuna rivelazione; come facevano allora a sapere chi era Gesù? Solo Maria e Giuseppe sapevano chi era Gesù. Eppure, anche Maria e Giuseppe, come dice il vangelo, si stupivano delle cose che si dicevano di lui. E invece avrebbero dovuto essere gli unici a non meravigliarsi. Angeli ed Arcangeli dal vivo e in sogno erano stati inviati per scoprire la verità: quel bambino era un bambino speciale. Unico. Ma anche loro, Maria e Giuseppe, si stupivano di quello che Simone e Anna dicevano di Gesù.

Ma, continuo a chiedermi, Simeone e Anna come facevano a sapere chi era Gesù? Lo Spirito santo e l’assiduità alla Parola del Signore hanno reso profondo il loro sguardo e per questo hanno saputo vedere nel bambino Gesù la presenza di Dio.

Non basta restare nel tempio, lo sappiamo. Il sacerdote e il levita non si lasciarono commuovere dal ferito lungo la strada. Non basta davvero stare nel tempio.

Cari fratelli e sorelle di vita consacrata, questo appuntamento annuale è l’occasione per me per ringraziarvi della vostra presenza e del dono della vostra vocazione alla comunità. Sono qui per ringraziarvi e per incoraggiarvi a continuare nella vostra scelta di totale dedizione al Signore.

Voi avete seguito Cristo casto, povero, obbediente, orante e missionario.

Non siete a parte, non siete un’eccezione, voi siete un laboratorio spirituale dove si vivono e si realizzano in piccolo ciò che dovrebbero essere le comunità cristiane.

Siete la realizzazione delle 3 P proposte da Papa Francesco a Bologna alcuni anni fa e che abbiamo rilanciato quest’anno: Parola, Pane, Poveri e ho aggiunto Popolo di Dio.

Come per Simeone e Anna, nella vostra vita personale e comunitaria centrale è l’ascolto della Parola di Dio. Mentre tante parole oggi corrono attraverso svariati mezzi di comunicazione, che rischiano talvolta di compromettere anche il clima di silenzio e di ascolto perfino nei conventi, oltre che delle famiglie e dei ministri ordinati, voi ci ricordate la centralità della Parola.

La pandemia ci ha insegnato a dar valore all’essenziale nella vita del cristiano. A ciò che veramente conta. Possiamo essere anche chiusi in casa, per malattia o per quarantene obbligatorie; ma un cristiano ha sempre la possibilità di restare in contatto con Dio, aprendo il suo cuore e la sua mente alla Parola di Dio.

Sabato scorso, papa Francesco, incontrando l’UCN che celebrava i 60 anni nascita, ha ricordato come “Nella trasmissione della fede la Scrittura – come ricorda il Documento di Base – è «il Libro; non un sussidio, fosse pure il primo» (CEI, Il rinnovamento della catechesi, n. 107). La catechesi è dunque l’onda lunga della Parola di Dio per trasmettere nella vita la gioia del Vangelo.

E poi ha aggiunto una espressione che può suonare un po’ strana: la vera fede va trasmessa in dialetto. I catechisti devono imparare a trasmetterla in dialetto, cioè quella lingua che viene dal cuore, che è nata, che è proprio la più familiare, la più vicina a tutti. Se non c’è il dialetto, la fede non è tramessa totalmente e bene.

Cari fratelli e sorelle, è la sfida di sempre, ma soprattutto di oggi, di ogni cristiano e comunità ecclesiale: la trasmissione della fede, a giovani e adulti. Le vostre comunità siano luoghi di vita caldi della fede, nell’ascolto della Parola del Signore. Trovino sempre questo i cercatori di Dio dei tempi di oggi.

Ho trovato nell’Enciclica Fratelli tutti un bellissimo passaggio che mi pare possa riassumere quale sia la vostra vocazione nella Chiesa, quello dell'immagine della musica del vangelo, al n. 277:

"Tuttavia come cristiani non possiamo nascondere che «se la musica del Vangelo smette di vibrare nelle nostre viscere, avremo perso la gioia che scaturisce dalla compassione, la tenerezza che nasce dalla fiducia, la capacità della riconciliazione che trova la sua fonte nel saperci sempre perdonati-inviati. Se la musica del Vangelo smette di suonare nelle nostre case, nelle nostre piazze, nei luoghi di lavoro, nella politica e nell’economia, avremo spento la melodia che ci provocava a lottare per la dignità di ogni uomo e donna».

Mi pare che queste tre sottolineature, che ovviamente sono di tutti i cristiani, trovino nella vostra forma di vita un richiamo tutto particolare: testimoniare nella chiesa la gioia che scaturisce dalla compassione, la tenerezza che nasce dalla fiducia, la capacità della riconciliazione che trova la sua fonte nel saperci sempre perdonati-inviati".

2.Abbiamo, in questa novena, proposto la lettura e la riflessione sulla Fratelli tutti, la terza enciclica di papa Francesco, dopo la Lumen Fidei e la Laudato si’ e ringraziamo suor Ornella delle suore della sacra famiglia di Cesena per avercela commentata.

Qual è l'ostacolo maggiore che impedisce la fraternità umana e con tutte le creature? E, inoltre, mi chiedo: qual è il ruolo dei religiosi? Ogni cristiano, ogni casa di cristiani, ogni comunità parrocchiale è luogo dove si può sperare di trovare tracce di fraternità e di amicizia sociale realizzata e non solo declamata. A partire dall’Eucaristia.

Mentre mi preparavo a scrivere queste osservazioni, è arrivata la nota della congregazione per i religiosi dove trovo scritto: Consacrate e consacrati negli Istituti religiosi, monastici, contemplativi, negli istituti secolari e nei nuovi istituti, membri dell’ordo virginum, eremiti, membri delle società di vita apostolica, a tutti voi chiediamo di mettere questa Enciclica al centro della vostra vita, formazione e missione. D’ora in poi non possiamo prescindere da questa verità: siamo tutti fratelli e sorelle, come del resto preghiamo, forse non con tanta consapevolezza, nel Padre nostro, perché “Senza un’apertura al Padre di tutti, non ci possono essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità” (n. 272)

Nella lettera della CIVCSVA il dicastero richiama proprio i religiosi ad accogliere l'enciclica del Papa come una nuova chiamata dello Spirito Santo, come un dono prezioso per ogni forma di vita consacrata che, senza nascondersi le tante ferite alla fraternità, può ritrovare in essa le radici della profezia.

Centralità e primato della Parola e la vita fraterna in comunità. Voi religiosi e religiose avete, secondo me, il carisma (dono e responsabilità) di dire al mondo che è possibile vivere la fraternità e che la vivete concretamente ogni giorno.

Non perché sia facile, o perché siete più bravi, ma perché proprio a partire dalle vostre fragilità e limiti, confermate che è possibile vivere la fraternità. La fragilità e la debolezza non sono un limite ma una grande testimonianza per dire che è l’amore del Signore che voi cercate di accogliere nelle comunità religiose che sostiene e purifica la vostra vita comune.

E ancora: Questa Enciclica, scritta in un momento storico che lo stesso Papa Francesco ha definito “l’ora della verità”, è un dono prezioso per ogni forma di vita consacrata che, senza nascondersi le tante ferite alla fraternità, può ritrovare in essa le radici della profezia.

Come Simeone e Anna hanno saputo indicare che la speranza era nata in mezzo al popolo di Dio, così anche voi, nella fragilità delle vostre vite e comunità, troviate sempre la gioia e la forza di indicare a noi e a tutti, anche e soprattutto in questo tempo così difficile, che la speranza cammina in mezzo agli uomini. Speranza per i poveri, su tutto.

Terzo aspetto, sinodalità. Ci sarebbe un terzo aspetto, emerso anche in questi giorni, ed è la sinodalità. Il camminare insieme nella corresponsabilità dei diversi carismi e ministeri nella comunità del Popolo di Dio.

Concludo ritornando all’inizio della celebrazione.

Abbiamo acceso le nostre candele alla luce gli uni degli altri, in questa festa che ci ricorda il santo Natale ma anche la veglia pasquale. Non nascondiamo questa luce, non si offuschi la nostra fede.

Sosteniamoci vicendevolmente nella fede del Signore Gesù. La gioia di aver scelto il Signore sia la vostra forza.