Omelie alla Festa della Madonna del Fuoco 2019

04/02/2019

L'omelia della festa della Madonna del Fuoco (4 febbraio 2019)


Finalmente, cari fratelli e sorelle, è arrivato il giorno della festa della Madonna del fuoco. Esattamente un anno fa, sono entrato per la prima volta in questa cattedrale, proprio durante la novena della Madonna del fuoco e da allora non è passato giorno senza che qualcuno me ne parlasse.

Devo dire che tutti questi giorni di avvicinamento alla festa, la novena predicata da mons. Giorgio Biguzzi (emerito ma sempre attivo e coinvolgente), la suggestiva Fiorita con la partecipazione di centinaia di bambini e famiglie, la veglia dei giovani molto intensa, la Giornata per la vita consacrata e la Giornata per la Vita, sono stati una buona e adeguata preparazione.

Ma, mentre vivevo tutto questo, mi chiedevo anche, come è mai possibile che un fatto prodigioso avvenuto così tanto tempo fa, riesca ancora a parlare oggi a ciascuno di noi?

Cos’è che ha bucato e attraversato i secoli, oltrepassando indenne le difficoltà di ogni tempo? Quale mistero sta alla base del suo successo?

Il 4 febbraio del 1428 un’immagine stampata su carta, raffigurante la vergine circondata da rappresentazioni evangeliche e di Santi, rimase assolutamente illesa nell’incendio che distrusse la scuola di un certo Maestro Lombardino di Riopetroso. L’immagine fu portata dai canonici in Cattedrale e fu venerata con un culto sempre più vivo. Un evento certamente prodigioso, che continua ad essere ricordato ancora oggi a quasi 600 anni di distanza (a questo traguardo mancano ancora – o appena – nove anni…).

Come interpretare questo prodigio? Credo sia soprattutto un grande segno di speranza e di fiducia. Nella catastrofe, in ogni catastrofe, c’è un punto da cui ripartire. C’è sempre un positivo che offre speranza e fiducia per l’avvenire. È possibile ripartire perché la Madonna con in braccio suo figlio è sempre con noi.

La Parola di Dio, attraverso il libro dell’Esodo, ci ricorda un’altra occasione dove Dio parlò attraverso le fiamme che bruciavano ma non consumavano il roveto ardente. Il fuoco era manifestazione della presenza di Dio. Il suolo è sacro, per un cristiano tutto il creato è dono di Dio, a noi accoglierlo e rispettarlo, come Mosè che si levò i sandali dai piedi, in segno di amore e rispetto.

La prima lettera di san Giovanni riprende l’immagine del fuoco come simbolismo dell’amore. In poche righe ripete per ben 16 volte la parola amore, anche nelle varie declinazioni (amiamoci, amare…).

Un amore che brucia, per la salvezza dell’uomo e non per la sua rovina. Ma perché ciò accada è indispensabile amare come ha amato Gesù. Egli ha dato la sua vita per noi morendo sulla croce.

E accanto alla croce di Gesù si trovava Maria, sua Madre. Guardando Giovanni, Gesù l’ha affidata a noi per Madre e ci ha affidato a lei come figli. Maria è nostra Madre e noi siamo dunque fratelli. Fratelli tra noi, con Dio come Padre e Maria come Madre.

Certamente Gesù affida la Madre a Giovanni per motivi molto umani: chi l’avrebbe custodita? Ora Maria non sarebbe stata più sola, poiché aveva una famiglia più grande. E anche noi dovremmo avere sempre questa consapevolezza: nessuno resterà solo, potrà sempre contare sulla comunità cristiana, proprio come una seconda famiglia.

Maria è Madre e noi dobbiamo vivere come fratelli. Ma vivere come fratelli non è facile.

A Natale ci chiedevamo: quando gli uomini impareranno a vivere come fratelli?

Gesù ci ha consegnato la Madre perché ci rendessimo conto che siamo e che dobbiamo vivere da fratelli.

Le celebrazioni in onore di Maria, in questi giorni, hanno consolidato e consolidano i legami familiari fra di noi.

A questo servono le feste. Le feste cristiane, in particolare, ci aiutano a fare di una folla di singoli una sola e unica comunità, il Popolo di Dio.

Servono a ricordarci che siamo davvero comunità, spronandoci e incoraggiandoci a crescere sempre di più nella vera comunione e nella reciproca accoglienza.

Teniamo presente che accanto alla croce di Gesù non c’era solo chi gli voleva bene, ma c’erano anche molti uomini che seminavano la discordia, che sfidavano e schernivano Gesù ripetendogli: “Scendi dalla croce!” e intanto dicevano agli altri spettatori: “Vedrete che non scende. Non è di Dio”. La discordia, l’invidia, il rancore, la violenza sono tutti atteggiamenti che ci impediscono di vivere come fratelli.

Preghiamo dunque con queste parole, con questa sincera volontà la nostra Madre: Madre allontana la discordia dal nostro cuore, allontana l’invidia, allontana la violenza, il rancore, aiutaci ad avere pietà per chi soffre, perché abbiamo bisogno di vivere da fratelli.

L’immagine di Maria era conservata in una scuola. Ora quella stessa immagine è qui da secoli e, ogni volta che la guardiamo, Maria ci insegna e ci chiama a vivere da fratelli.

Torniamo ogni tanto a casa dalla Madre, per imparare ad amarci.

E da quell’ora, dice poi il Vangelo, il discepolo l’accolse con sé: Giovanni si prende cura di lei e la Madre si prende cura dei discepoli.

Una delle caratteristiche più evidenti che contraddistinguono una famiglia è la cura reciproca. Il tratto che ci qualifica di più come fratelli è l’attenzione che uno manifesta all’altro. Come ad esempio il Samaritano, che si prese cura di un uomo aggredito lungo la strada da Gerusalemme a Gerico.

Ti preghiamo Madre, insegnaci a prenderci cura gli uni degli altri come tu ti prendi cura di noi.

Più ci avviciniamo a Maria e a Gesù, più tra noi diventiamo fratelli e sorelle. Questo è il messaggio di Maria di Nazareth.

Ancora ti preghiamo, Maria, mantieni viva la fiamma del tuo amore. Aiutaci a vincere le paure del momento presente che ci bloccano e raffreddano il nostro essere fratelli. Aiutaci a vincere le tenebre del male, che troppo spesso e troppo profondamente stanno intossicando i nostri rapporti personali e la convivenza pacifica.

Non è facile vivere da fratelli: proviamoci ancora! Proviamoci sempre.

+Livio

 

Alla veglia dei giovani il 31 gennaio

Cari giovani, siete disposti a dire, come Maria: “Avvenga per me quello che hai detto”?

Vi chiedo tre servizi a nome della comunità, in tre “C”:

1. Camminare insieme. Abbiamo camminato insieme, continuate e continuiamo a farlo. Appartenete ad associazioni, movimenti, gruppi, parrocchie. Siete protagonisti di tante belle esperienze… vi chiedo di trovare tempi e modi per ritrovarvi insieme come comunità riunita attorno al suo vescovo. Come quando ci si ritrova nelle feste tutti insieme per il pranzo. È l’amore di Gesù che ci tiene uniti e che fa di noi una sola famiglia…

2. Convivenza, la ricchezza delle differenze. Chi è appena stato a Panama ha vissuto ancora una volta la bellezza di vivere la diversità come ricchezza. C’erano giovani cristiani provenienti da 150 nazioni diverse. Tutti uniti. Vi chiedo di aiutare noi adulti, anche le nostre comunità, a non aver paura degli altri, delle differenze, del futuro ma di viverlo come una ricchezza. Non è facile. Ma solo voi giovani potete aiutarci in questo.

3. Cantare. Altra cosa che vi chiedo, anche se sembra piccola: portate i vostri canti nelle nostre assemblee. Le nostre messe, le nostre celebrazioni hanno bisogno di realizzare quella che è una richiesta di Papa Francesco: chiedo la testimonianza di una comunione fraterna che diventi attraente e luminosa (EG 99). E credo che il canto e la musica uniscano le persone. Aiutateci ad essere un cuor solo e un’anima sola in comunità, perché sia più bello il ritrovarsi insieme. E voi lo sapete bene che il canto e la musica uniscono, voi li avete nel sangue.

Siete disposti a dire come Maria: avvenga per me quello che hai detto?

 

Per la giornata della vita consacrata 2 febbraio

Quaranta giorni dopo Natale celebriamo il Signore che, entrando nel tempio, va incontro al suo popolo. Nell’Oriente cristiano questa festa è detta proprio “Festa dell’incontro”: è l’incontro tra il Dio bambino, che porta novità, e l’umanità in attesa, rappresentata dagli anziani nel tempio.

Ma Maria e Giuseppe non fanno nemmeno in tempo a entrare nel tempio che subito le braccia di un uomo e di una donna se lo contendono.

1. Questo incontro da essi tanto atteso ci rivela che Gesù appartiene agli uomini e alle donne in ricerca, appartiene a coloro che lo riconoscono, che non smettono mai di cercarlo e di sognarlo, come i Magi e come Simeone; Gesù appartiene a quelli che sanno vedere e andare oltre, come Anna, a coloro che sanno incantarsi davanti a un neonato, perché sentono Dio come una presenza che guarda al futuro.

Gesù è di coloro che non vedono Dio ovunque, che non corrono dietro a tutto ciò che appare misterioso, pensando di scorgervi la presenza di Dio.

Quante volte Simeone e Anna avranno visto dei bambini portati nel tempio! Quante volte avranno visto figli di ricchi e di potenti venire accompagnati da folle di gente ricca e altezzosa. Niente. Non hanno visto in essi la presenza di Dio, o per lo meno non hanno visto in essi l’inviato di Dio.

2. Cari fratelli e sorelle Consacrati, oggi è la vostra festa. Sono davvero contento di vedervi qui, per poter ringraziare insieme il Signore per la vostra scelta di vita e per la vostra preziosa presenza in Diocesi. Voi avete visto giusto nella vostra vita: avete visto e sentito Dio che vi ha chiamati e lo avete seguito.

Vi siete innamorati del Signore, e lo avete amato. Per sempre.

Non vi siete fermati di fronte alle vostre debolezze, non vi siete arresi di fronte ai vostri peccati, di fronte ai vostri limiti, ma vi siete fidati del Signore che vi ha chiamati. Vi siete fidati più di Lui che di voi stessi. E avete fatto bene! Siete qui per ringraziare il Signore, per averlo seguito e abbracciato.

Non vi siete nemmeno lasciati distrarre dalle motivazioni esteriori che tentavano di giustificare una scelta controcorrente e incomprensibile anche per molti cristiani praticanti. Che magari vedono nella vostra scelta una esagerazione. O che sono tentati di commentare la vostra scelta affermando: “Credere, va bene, ma fino ad un certo punto”. Oppure che ne colgono solo un aspetto, quasi per giustificare la vostra scelta così totalizzante, motivandola con le tante cose belle che voi fate: la scuola, il servizio ai poveri, l’accoglienza… invece voi, cari fratelli e sorelle, siete importanti non per quello che fate ma per quello che siete.

Non per il fare ma per l’essere: siete innamorati del Signore. Non siete semplicemente insegnanti, educatori, assistenti sociali, o medici delle anime con l’ascolto e la consolazione, voi avete incontrato il Signore e vi siete donati a Lui totalmente e per sempre.

Anche nella vostra vita, l’incontro con il Signore ha dato luce ai vostri occhi e alla vostra esistenza. La candela ne è un segno.

Questa luce e questa gioia dell’incontro decisivo non sono solo di voi consacrati, ma di tutti i cristiani, di tutti voi cari fedeli laici, qui presenti, quando riconoscete nel Signore la luce e la guida della vostra vita.

L’incontro decisivo per la vita di ogni cristiano è l’incontro con Cristo. È di certo l’incontro con il Signore che dà senso e valore a tutti gli incontri importanti della vita. Ma ripeto, non c’è vera luce e non c’è vera gioia senza l’incontro personale di ciascuno di noi con il Signore.

3. Sottolineo la differenza di età tra Simeone e Anna da un lato e Maria, Giuseppe e Gesù dall’altro.

È un incontro fra generazioni diverse, di anziani con una giovane coppia e un bambino. E rispecchia la situazione di tante comunità…

Papa Francesco diceva: Non c’è avvenire senza questo incontro tra anziani e giovani; non c’è crescita senza radici e non c’è fioritura senza germogli nuovi. Mai profezia senza memoria, mai memoria senza profezia; e sempre incontrarsi. La vita frenetica di oggi induce a chiudere tante porte all’incontro, spesso per paura dell’altro – sempre aperte rimangono le porte dei centri commerciali e le connessioni di rete –; ma nella vita consacrata non sia così: il fratello e la sorella che Dio mi dà sono parte della mia storia, sono doni da custodire.

4. Infine, anche noi, come Simeone, teniamo il Signore «tra le braccia» (Lc 2,28)! Avere il Signore tra le mani è l’antidoto al misticismo che ci isola e all’attivismo sfrenato.

Vivere l’incontro con Gesù è anche il rimedio alla monotonia della normalità, è aprirsi alla quotidiana sorpresa della grazia. Lasciarsi incontrare da Gesù, far incontrare Gesù: è il segreto per mantenere viva la fiamma della vita spirituale.

Cari fratelli e sorelle, anziani o giovani, attivi o infermi, lo ripeto a tutti, voi siete importanti per quello che siete, non per quello che fate. Con la vostra presenza, aiutate la comunità cristiana a lasciarsi sorprendere dalla grazia di Dio con il dono della vostra vita. Simeone e Anna, nella gioia di un Dio che si fa presente oggi, dimostrano una giovinezza dello spirito ed una visione straordinariamente grandi.

Se incontriamo ogni giorno Gesù e i fratelli e le sorelle, sia in comunità sia nella chiesa e nel mondo, il cuore non rimpiange il passato e non delega al futuro le novità di Dio, ma vive l’oggi di Dio e in pace con tutti.