Omelia nella Festa di San Pellegrino 2025

01/05/2025

L’omelia del Vescovo S.E. Mons. Livio Corazza
nel Pontificale della Festa di San Pellegrino

1° maggio 2025

Sono le parole della preghiera di inizio messa.
Ognuno di noi vive nella vita queste esperienze di prova. Le sopporta, queste prove, personalmente o condivide quelle di familiari o di amici; e poi ci sono anche prove più grandi di noi: povertà, conflitti, guerre, che ognuno sente pesare nel proprio animo.  E non sono meno pesanti.
Anche Papa Francesco, il 6 aprile scorso si era rivolto ai malati e a tutti noi con queste parole: «Con voi, carissimi fratelli e sorelle malati, in questo momento della mia vita condivido molto: l’esperienza dell’infermità, di sentirci deboli, di dipendere dagli altri in tante cose, di aver bisogno di sostegno. Non è sempre facile, però è una scuola in cui impariamo ogni giorno ad amare e a lasciarci amare, senza pretendere e senza respingere, senza rimpiangere e senza disperare, grati a Dio e ai fratelli per il bene che riceviamo, abbandonati e fiduciosi per quello che ancora deve venire. La camera dell’ospedale e il letto dell’infermità possono essere luoghi in cui sentire la voce del Signore che dice anche a noi: «Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,19). E così rinnovare e rafforzare la fede». (Papa Francesco, 6 aprile 2025).
Ancora papa Francesco ci diceva, nella Pasqua del 2020: “Nella Pasqua conquistiamo un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza. È una speranza nuova, viva, che viene da Dio. … Possiamo e dobbiamo sperare, perché Dio è fedele. Non ci ha lasciati soli, ci ha visitati: è venuto in ogni nostra situazione, nel dolore, nell’angoscia, nella morte. La sua luce ha illuminato l’oscurità del sepolcro: oggi vuole raggiungere gli angoli più bui della vita. Sorella, fratello, anche se nel cuore hai seppellito la speranza, non arrenderti: Dio è più grande. Il buio e la morte non hanno l’ultima parola. Coraggio, con Dio niente è perduto!”
Non basta sopportare con fortezza le prove della vita, è necessario sopportarle con gioia guardando a Gesù risorto. E’ Cristo risorto, la nostra unica speranza! Francesco ha parlato tante volte di speranza, che definisce come “la più piccola delle virtù, ma la più forte. E la nostra speranza ha un volto: il volto del Signore risorto, che viene «con grande potenza e gloria»” (Mc 13 26)” (Angelus, 15 novembre 2015). 
San Pellegrino è vissuto in continua e gioiosa tensione verso la speranza, che è Cristo risorto.In questo anno santo, anche noi siamo chiamati a rivolgerci con rinnovato fervore davanti al crocifisso per invocare il dono della guarigione. San Pellegrino invocò e ottenne il dono della guarigione dalla ferita purulenta e gravissima, noi chiediamo il dono della guarigione di tutti i nostri mali: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”. Non chiedete poco, chiedete tutto: chiedete la guarigione del cuore, per noi e per tutti. Non dimentichiamo che prima di essere guarito dalla ferita della gamba, san Pellegrino era stato sanato dall’odio che lo aveva portato ad aggredire, secondo alcune cronache, San Filippo Benizi, in visita di pace a Forlì. A cui chiese perdono.La porta della misericordia del Signore è sempre aperta: in particolare attraverso i sacramenti della RICONCILIAZIONE  e dell’EUCARISTIA.Il dono della fede lo invochiamo non solo per noi, ma per tutti. Il mondo è in preda a guerre e conflitti e ha bisogno di attraversare la porta della misericordia e della speranza.L’umanità, che ha sete di pace, di amore e di misericordia, ha bisogno di uomini e di donne che davanti alla scuola del crocifisso risorto, imparino a fare pace e a camminare verso un futuro di speranza, prima che distruggano questo mondo. Sull’esempio di San Pellegrino, mettiamoci anche noi davanti al crocifisso e impariamo da Gesù, mite e umile di cuore, ad essere segni di speranza per il mondo. Come il Signore ha guarito San Pellegrino guarirà anche noi. Non aspetta altro. Così sia.