Dieci anni con Papa Francesco

13/03/2023
Mons. Livio Corazza “Sono fortunato a fare il vescovo con un Papa così”

Mi resterà nella memoria la sera del 13 marzo 2013! Quella sera non ho cenato e ho pianto per la commozione. Nell’attesa di vedere il nuovo Papa, mi ricordavo le parole di Giovanni Paolo II: “Se sbaglio, mi corrigerete!” e anche quelle di papa Benedetto XVI: “Sono un umile servo della vigna del Signore”. Eravamo ancora tutti impressionati e turbati dalle dimissioni di papa Ratzinger, quando finalmente sul balcone di San Pietro apparve Jorge Mario Bergoglio, vestito di bianco, che salutava con uno spontaneo e commuovente: “Buona sera”, che chiedeva, inchinandosi, la benedizione al popolo e che prendeva il nome di Francesco.
I suoi primi giorni sono stati un continuo susseguirsi di tanti gesti e parole semplici, che davano chiaramente il segno di una discontinuità. Continuità certo con i predecessori, ma anche allo stesso tempo indicazione di un cambiamento fortemente voluto che si esprimeva in particolare nelle piccole scelte: pagarsi il conto, risiedere in un appartamento più piccolo, cambiare auto, la sua prima uscita per onorare i profughi morti a Lampedusa.
Qualche volta mi sorprendono alcuni (per fortuna pochi), anche dentro la Chiesa, che se la prendono con lui. Li capisco, è un Papa scomodo, che esce dagli schemi, che non ti lascia in pace, ma si vede che ha in mente solo di cercare di vivere il Vangelo. Non solo di predicarlo, ma di viverlo per primo, anche nel servizio ai poveri, nel contatto diretto.
Il papa delle sorprese ne ha fatta una proprio a me, quando mi ha eletto vescovo. Glielo ho perfino detto, la prima volta che l’ho incontrato: “Santità, le avrei voluto bene lo stesso, anche se non mi avesse nominato vescovo”.
Sento la responsabilità del figlio generato da un padre così impegnativo e credibile. Non è facile essere suoi figli spirituali. “Santità, non è facile fare il vescovo”, gli ho manifestato in uno dei nostri incontri, non perché non sia bello mettersi a servizio della Chiesa e della gente, ma perché tante volte sei messo di fronte a scelte che devi prendere e che non sai se sono quelle giuste. Altre volte, invece, proprio non sai cosa fare. E allora mi ritorna sempre la ripetuta consegna, direttamente o rivolta a tutti i neo vescovi: “Dovete pregare di più!”.
Sì, carissimo papa Francesco, preghiamo di più. Non intendo solo la preghiera di intercessione o di supplica, ma quella di ascolto, quando ripeto dentro di me: “Signore, cosa vuoi che io faccia?” o quando intensifico l’invocazione di Samuele: “Signore parla, il tuo servo ti ascolta”. Sono stato fortunato a fare il vescovo con un Papa così. Ti aiuta a mettere fantasia, passione, ascolto, amore nelle cose che fai, perché impari da lui. E perché anche lui, come me (e non le nasconde), ha delle fragilità, è un po' impulsivo, alcune volte è duro, altre volte tenero. Incarna la fede nella sua umanità. Non pretende di essere perfetto, ma si vede che è sincero e autentico. Grazie papa Francesco, per l’esempio di fede e di amore per l’umanità che dimostri continuamente. Ti vogliamo bene, come sei!
 
+ Livio, vescovo
 
GLI AUGURI DELLA PRESIDENZA DELLA CEI

Beatissimo Padre,
sono passati dieci anni da quel “buona sera” con cui si presentò alla Chiesa e al mondo intero; da allora le Sue parole e i Suoi gesti hanno continuato a toccare il cuore, a sorprendere, a parlare a tutti e a ciascuno.
Quel saluto è stato l’inizio di un dialogo: in questo tempo, ci ha aiutato a capire quanto il Vangelo sia attraente, persuasivo, capace di rispondere ai tanti interrogativi della storia e ad ascoltare le domande che affiorano nelle pieghe dell’esistenza umana.
Ci ha insegnato a uscire, a stare in mezzo alla strada e soprattutto ad andare nelle periferie, per capire chi siamo.
Possiamo conoscere davvero noi stessi solo guardando dall’esterno, da quelle prime periferie che sono i poveri: Lei ci ha spinto a incontrarli, a vederli, a toccarli, a fare di loro i nostri fratelli più piccoli. Perché, come ci ha ricordato più volte, la nostra non è una fede da laboratorio, ma un cammino, nella Storia, da compiere insieme.
Vogliamo esprimerLe la nostra gratitudine per aver accolto l’eredità di Benedetto XVI e per averci accompagnato, a partire dall’Anno della Fede, incoraggiandoci a vivere da cristiani nelle tante contraddizioni, sfide e pandemie di questo mondo. Con l’impegno a “tracciare insieme sentieri di pace”, perché “solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali” (Messaggio per la Giornata mondiale della pace, 1° gennaio 2023).
Insieme alle Chiese che sono in Italia Le porgiamo i più cari auguri per questo anniversario, assicurandoLe la nostra vicinanza operosa e la nostra preghiera.

Roma, 13 marzo 2023