Domenica 28 novembre 2021 inizia l'Avvento: il tempo dell'attesa e della risposta
Comincia domenica 28 novembre il tempo di Avvento in preparazione alla festa del Natale con le celebrazioni caratterizzate da segni e preghiere che richiamano l’attesa della salvezza, della verità e del bene, che l’uomo è incapace di darsi da solo.
Si utilizza nelle liturgie il colore viola, simbolo di penitenza e conversione, non si recita durante la messa il Gloria, le letture della Sacra Scrittura mettono in evidenza le promesse dei profeti al popolo d’Israele sulla venuta del Messia e presentano in particolare le figure dei protagonisti della nascita di Cristo, San Giovanni Battista, la Madonna e San Giuseppe.
In alcune chiese viene posta sull’altare la “corona dell’Avvento” quattro candele unite da rami di abete intrecciato che vengono accese in successione ogni domenica fino a Natale.
La Diocesi propone in questo tempo il percorso biblico e i gruppi del Vangelo che saranno incentrati sul testo di Luca, i sacerdoti dedicheranno il loro incontro mensile del 9 dicembre ad un ritiro spirituale in preparazione al Natale mentre l’Ufficio missionario invita a vivere con la preghiera e il sostegno ai missionari della Diocesi.
Saranno proposti, sempre nel rispetto delle norme anticovid, momenti di approfondimento spirituale, da associazioni e movimenti: l’Azione Cattolica propone sabato 27 e domenica 28 novembre il ritiro che si svolgerà a Cesenatico in presenza e in diretta streaming, mentre la Fraternità di Comunione e Liberazione si incontrerà domenica 12 dicembre alle 15 presso il Duomo di Forlì.
Diversi gli appuntamenti proposti dalla Pastorale vocazionale e giovanile: la preghiera dei vespri, ogni domenica, dalle 19 alle 20, presso la chiesa di Pieveacquedotto (necessaria iscrizione al 340.4515003 e 348.9926451), ritiro sabato 11 e domenica 12 dicembre per ragazze e sabato 18 e domenica 19 per ragazzi presso la casa dei giovani a Pieveacquedotto e incontri di condivisione sul Vangelo, dalle 21 alle 21.45, il 23 e 30 novembre, 6 e 14 dicembre.
L’Ufficio missionario diocesano invita a vivere questo tempo anche con la preghiera e il sostegno ai missionari della diocesi.
Tutto ci dice: “più in là!”
In questa poesia il poeta Eugenio Montale descrive l’esperienza così comune che ci fa trovare insoddisfatti di fronte ad ogni risultato raggiunto e a cercare sempre nuovi obiettivi. E’ la prova che nulla basta a riempire l’animo umano, teso all’Infinito.
Maestrale
S'è rifatta la calma
nell'aria: tra gli scogli parlotta la maretta.
Sulla costa quietata, nei broli, qualche palma
a pena svetta.
Una carezza disfiora
la linea del mare e la scompiglia
un attimo, soffio lieve che vi s'infrange e ancora
il cammino ripiglia.
Lameggia nella chiaria
la vasta distesa, s'increspa, indi si spiana beata
e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia
vita turbata.
O mio tronco che additi,
in questa ebrietudine tarda,
ogni rinato aspetto coi germogli fioriti
sulle tue mani, guarda:
sotto l'azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto:
“più in là”!
Eugenio Montale (da Ossi di seppia, 1925)
Anche i pagani attendevano la Rivelazione
L’attesa di qualcosa di più grande, di qualcuno che dia compimento alla vita fa parte della natura umana. Anche i poeti, i filosofi e gli artisti, fin dall’antichità l’hanno documentato. Ne è esempio il passo famoso di Platone, che nel Fedone, dove si dialoga del senso della vita e della morte, del destino dell’uomo e dell’immortalità dell’anima, fa dire a Sienna: “Perché insomma, trattandosi di tali argomenti, non c’è che una cosa sola da fare di queste tre: o apprendere da altri dove sia la soluzione; o trovarla da sé; oppure, se questo non è possibile, accogliere quello dei ragionamenti umani che sia se non altro il migliore e il meno confutabile, e, lasciandosi trarre su codesto come sopra una zattera, attraversare così, a proprio rischio, il mare della vita: salvo che uno non sia in grado di fare il tragitto più sicuramente e meno pericolosamente su più solida barca, affidandosi a una divina rivelazione”.
A Platone e a tutti coloro che attendono la felicità e la salvezza sembra rispondere Sant’Agostino che nel Commento al Vangelo di Giovanni afferma: “E' come se uno vedesse da lontano la patria, e ci fosse di mezzo il mare: egli vede dove arrivare, ma non ha come arrivarvi. Così è di noi, che vogliamo giungere a quella stabilità dove ciò che è, perché esso solo è sempre così com'è. E anche se già scorgiamo la meta da raggiungere, tuttavia c'è di mezzo il mare di questo secolo. Ed è già qualcosa conoscere la meta, poiché molti neppure riescono a vedere dove debbono andare. Ora, affinché avessimo anche il mezzo per andare, è venuto di là colui al quale noi si voleva andare. E che ha fatto? Ci ha procurato il legno con cui attraversare il mare”.