Esaltazione della Croce e anniversario di beatificazione di Beata Benedetta

14/09/2025

Festa della Esaltazione della Croce e anniversario della beatificazione di Benedetta Bianchi Porro


Cari fratelli e sorelle, celebriamo oggi tre anniversari: 
- primo, la festa dell’Esaltazione della Croce nata a seguito del ritrovamento della Croce di Cristo, a Gerusalemme nell'anno 327-328, dalla madre dell'imperatore romano Costantino I, Flavia Giulia Elena. Dal 1863 tutte le generazioni di cristiani che sono entrate nella cattedrale di Forlì hanno ammirato il grande affresco di Pompeo Randi (1827-1880), che avete la fortuna di avere davanti a voi, raffigurato nell'abside di questa cattedrale. La festa dell’Esaltazione della Croce è così importante che prende il posto della XIV domenica del tempo ordinario. Con la festa dell’Esaltazione della croce noi celebriamo la nostra cattedrale dedicata alla santa Croce.
- secondo, oggi ricordiamo e festeggiamo il VI anniversario della beatificazione di Beata Benedetta Bianchi Porro, avvenuta proprio qui nel 2019;
- il terzo anniversario è meno liturgico, ma riguarda colui che ricordiamo durante la santa messa, da più di quattro mesi: oggi Papa Leone XIV, anzi Robert Francis Prevost, compie 70 anni.

Come ci ricordava nell’udienza di mercoledì scorso papa Leone: “Il vertice della vita di Gesù in questo mondo è la sua morte in croce”. La morte in croce non conclude la vita di Gesù, ad essa seguì la sua risurrezione. Il crocifisso è risorto! 
Il Crocifisso trionfante del XII sec., restaurato l’anno scorso e posizionato anch’esso davanti a voi, magistralmente unisce le verità di fede centrali per ogni cristiano: Cristo è morto ed è risorto per la nostra salvezza e non è più nel sepolcro di Gerusalemme. La verità della risurrezione di Cristo è la prospettiva per tutti noi. La morte è un passaggio, il fine della nostra vita è la risurrezione. Guardando Cristo guardiamo ciò che saremo. Quello che vedete è una catechesi permanente. Contempliamo ciò che saremo, in Cristo.
Non è stata casuale la scelta, compiuta cinque anni fa, di far coincidere la festa della Santa Croce con la beatificazione di Benedetta Bianchi Porro per volontà di papa Francesco. La vita di Benedetta è un frutto dell’albero della croce di Cristo. 
Tutta questa ricchezza di messaggi sono di grande insegnamento per tutti noi.

1.Nella prima lettura, dal libro dei Numeri, troviamo il popolo ebraico che è appena scappato dall’Egitto e si è messo in tutta fretta in cammino nel deserto verso la terra promessa. La distanza tra il Mar Rosso e la città di Gerico è di circa 400 km. Non ci vogliano 40 anni per arrivarci, bastano alcune settimane di cammino.  Non era la distanza fisica quella più importante da superare, ma quella spirituale. Il popolo aveva bisogno di un cammino di trasformazione. Per uscire dall’Egitto ci hanno messo pochi giorni, ma per toglierselo dalla testa ci è voluto molto di più. Dicevano i rabbini: “Per togliere Israele dall’Egitto bastò una notte, per togliere l’Egitto dal cuore degli israeliti ci vollero quarant’anni”. Basta vedere, mentre camminavano, quante lamentele e quanta nostalgia avevano della vita in Egitto, da rimpiangere perfino le cipolle. Tutti coloro che sono usciti dall’Egitto moriranno, in Israele vi entrerà una nuova generazione. 
In verità, al popolo ebraico è capitato quello che succede anche a noi, quando non capiamo l’agire di Dio. Il popolo di Israele non capiva Dio e di conseguenza non si fidava di Lui. Il sospetto uccideva la loro fiducia in Dio: Dio non capisce, Dio non agisce bene, Dio ci ha tradito e dimenticato. Le conseguenze sono sia la sfiducia sia le divisioni nella comunità: “Proprio questo dubbio è il veleno che i serpenti insinuano in noi, ed è un veleno che porta la morte”. 
Il popolo ebraico dovrà essere salvato da un serpente di bronzo, voluto da Dio. Si salva chi accetta l’opera di Dio. Ma il Signore interviene non togliendo i serpenti, ma dando un antidoto il serpente di bronzo, la croce di Cristo, la nsostra salvezza.
Anche Benedetta ha avuto bisogno di un tempo di conversione, un tempo per guardare alla sua vita, alla sua condizione, con gli occhi di Dio. Prima di affidarsi al Signore fu tentata dalla disperazione, le sembrava di sprofondare. All’amica Anna, nel ‘53, scriveva: “Sono assetata di pace, ma mi sembra di sprofondare”. Nel ‘58 scrive: “Maria Grazia, per quello che riguarda il mio spirito sono serena, perfettamente serena, anzi sono felice, non credere che io esageri, io penso che cosa è meravigliosa è la vita, anche nei suoi aspetti più terribili e la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio per questo”. E il suo calvario era appena agli inizi. Benedetta non è nata santa, non ha accolto subito la sua condizione, la luce si è accesa quando ha capito che Dio abita anche nel dolore. Ha fatto suo il salmo 23: “Se dovessi camminare in una valle oscura tu sei con me, Signore”. Molte volte ci dichiariamo credenti, ma non ci fidiamo dell’opera di Dio. Siamo credenti, ma se Dio non fa come diciamo, siamo arrabbiati o sfiduciati. Come il popolo nel deserto.

2.C’è un altro passaggio di grande attualità, la differente reazione di Gesù e di Benedetta di fronte alla morte. Le circostanze sono certamente diverse. Marco, nel suo vangelo, ci dice che al momento della morte “Gesù, dando un forte grido, spirò” (Mc 15,37). Papa Leone, proprio mercoledì scorso, commentava così: “Noi siamo abituati a pensare al grido come a qualcosa di scomposto, da reprimere. Il Vangelo conferisce al nostro grido un valore immenso. Addirittura, può essere la forma estrema della preghiera. In quel grido, Gesù ha messo tutto ciò che gli restava: tutto il suo amore, tutta la sua speranza. Gesù non ha gridato contro il Padre, ma verso di Lui. Anche nel silenzio, era convinto che il Padre era lì. Un grido non è mai inutile, se nasce dall’amore. E non è mai ignorato, se è consegnato a Dio. Cari fratelli e sorelle, impariamo anche questo dal Signore Gesù: impariamo il grido della speranza quando giunge l’ora della prova estrema”.
Gesù Cristo, Benedetta: due modi diversi di esprimere il dolore, la speranza, la fiducia. Benedetta alla fine della vita chiede alla mamma di cantare con lei il Magnificat: “Mamma, ringraziamo il Signore per quello che mi ha dato”. Benedetta recita, anzi sussurra insieme alla mamma, il Magnificat. Il Cristo, sulla croce, grida forte il suo dolore e il suo amore, il suo perdono verso coloro che lo hanno tradito o crocifisso. Due modi diversi di manifestare la fiducia in Dio. Si riconoscono nel grido di Gesù coloro che oggi sono vittime della violenza ma rispondono con la forza dell’amore. Come ogni santo ha un suo percorso. Ecco il filo che unisce tutti: la volontà di spendersi per gli altri, dentro qualsiasi condizione di vita. Come, per primo, ha fatto Dio stesso: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. I Santi sono le tracce dell’amore di Dio in mezzo a noi, oggi. E Benedetta è stata una traccia, come direbbe Madre Teresa, una goccia che rifletteva l’amore di Dio. Anche noi, tutti noi, siamo chiamati, nella nostra vita, ad essere una traccia dell’amore di Dio. Guardando al suo amore, gridando o sussurrando il suo amore. In ogni circostanza della nostra vita. Ringrazio tutti coloro che diffondono la conoscenza di Benedetta. La sua vita, per tanti, diventa la strada per arrivare a Cristo, la nostra salvezza.