Il ricordo di don Pippo nel 71° anniversario della morte: l'omelia del vescovo

15/11/2023

La luce di don Pippo brilla ancora: l'omelia del vescovo


Nella parabola delle dieci vergini, ad un certo punto, si alza un grido: ecco lo sposo andategli incontro.
In queste parole trovo l'immagine più bella dell'esistenza umana, rappresentata come un uscire e un andare incontro.
La nostra esistenza, la nostra vita, inizia con un uscire per andare incontro alla vita.
E la nostra fine terminerà per uscire da questa vita, per andare incontro a Cristo Signore, lo sposo dell’umanità.
E nella quotidianità, la vita è intessuta di incontri che esigono una uscita. Iniziamo la giornata uscendo di casa, per andare a scuola, al lavoro, a fare la spesa… oppure usciamo per andare ad un viaggio o a un pellegrinaggio. Quando diventiamo grandi, usciamo di casa per andare incontro alla vita…
Per respirare abbiamo bisogno di spazi aperti. Si vive nella misura in cui non ci si chiude…
Anche la nostra vita di Chiesa è caratterizzata da un andare incontro ai fratelli. Per andare incontro ai fratelli, Papa Francesco lo chiede spesso, dobbiamo essere una Chiesa in uscita.
Don Pippo, pur rimanendo sempre a Forlì, nel centro storico, spaziava nel mondo.
La sua era una vita non caratterizzato dalla paura ma della gioia di andare incontro agli altri, incontro a Cristo, come colui che viene ogni giorno.
In questo tempo dell’anno, la liturgia ci invita a verificare: l’incontro con Cristo è custodito dal desiderio o dalla paura?
Il secondo elemento importante della parabola è la luce: il Regno di Dio è simile a dieci ragazze armate solo di un po' di luce, di quasi niente, del coraggio sufficiente per il primo passo.

Il regno di Dio è simile a dieci piccole luci, che splendono nella notte più profonda. Il regno dei cieli è sempre rappresentato come il trionfo della piccolezza, della fragilità.
Il regno dei cieli è simile a qualche seme gettato nella terra, a un pizzico di lievito nella pasta o di sale nella pietanza. Basta poco, ma un poco denso di sapore.

Ma sorge un problema:
ci sono cinque ragazze sagge, che hanno portato dell'olio, e saranno custodi della luce, avendo portato con sé un vasetto pieno d’olio;
cinque, invece sono stolte, hanno un vaso vuoto, anzi non hanno niente. Sono impreparate alle incognite della vita. Sono superficiali, sbadate, stolte, appunto.
Gesù non spiega che cosa sia l'olio delle lampade.
Sappiamo però che ha a che fare con la luce e col fuoco: in fondo, indicano se chi ascolta la parabola, è uno che arde per qualcosa o per Qualcuno. Oppure è spento.  Noi immaginiamo sia la fede che arde.
Lo ricorderemo spesso anche in questo terzo anno del cammino sinodale, rifacendoci ai discepoli di Emmaus: “Non ci ardeva forse il cuore?” Nel loro caso non è una parabola ma un fatto vero.
I due di ritorno da Gerusalemme, morto in croce Cristo, erano spenti, morti viventi. Ma, la fiamma della loro fede, a contatto con Gesù, si è riaccesa. Questa è l’alternativa: vivere accesi o vivere spenti.
Abbiamo tre esempi di luce che si accende e non si spegne.
1.La festa di san Martino.
E’ il primo santo non martire della storia della chiesa.
Quando divise con un povero, il suo mantello.
San Martino, il suo gesto, ha acceso la luce della solidarietà. Una luce che non si spegne. Una piccola cosa, ma che salva una vita.
Un mantello averlo, nel freddo del nord salva la vita. Era uno dei comandamenti della Bibbia: non resti presso di te il mantello del povero che hai avuto in pegno!
Anche per san Martino il mantello era la sua coperta non era un ornamento. Era questione di vita o di morte. San Martino non ha dato il superfluo. Martino ci insegna a condividere il necessario per vivere.
Il suo gesto simbolico illumina ancora chi anche solo la guarda.
2.Ieri sera, ma non mi soffermo, abbiamo potuto lasciarci illuminare dalla forza della fede di Annalena. Anche se è stata uccisa, la sua luce, la luce della sua lampada brilla ancora.
3.Questa sera ricordiamo don Pippo. Anche la sua luce brilla ancora.
Don Pippo, brilla come artista, come educatore e come uomo di Dio.
Artista. La fede che ardeva nel suo cuore gli dava l’ispirazione per comporre canti, inni, preghiere.
La sua fede le permetteva di illuminare il suo tempo. Anche nei momenti più bui.
Come uomo di Dio. Mi colpisce sempre il suo sangue freddo e la sua fede che illumina le sue scelte nel momento peggiore della vita di Forlì. Quando anche la sua fede era messa alla prova. In quel drammatico 25 agosto 1944 quando un bombardamento riduce piazza Saffi ad un macello. Don Pippo, non si arrese e con pietà e amore raccolse brandelli di corpi per dare una sepoltura dignitosa. Pochi giorni prima quattro partigiani Silvio Corbari, Iris Versari, Adriano Casadei e Arturo Spazzoli, il 18 agosto 1944 furono appesi al lampione di Piazza Saffi posto di fronte a Palazzo Albertini. Gli otto giorni più bui di Forlì. Ma il buio non ha stroncato la sua azione di pastore e di uomo di fede.
Il suo essere educatore. In altre occasioni sapeva illuminare le circostanze del suo tempo, con riflessioni, articoli su “Il Momento” talvolta urticanti e scomode. Nel dopo guerra, stigmatizzava lo stile di vita di alcuni giovani. Senza fare sconti.
La sua luce era tenuta viva dall’olio della fede.
Il suo cuore ardeva di amore, di passione e di coraggio perché c’era l’olio della confidenza con Dio che lo teneva vivo.
La fede senza le opere è morta. Ma anche le opere senza la fede sono sterili.
Solo la comunione e l’amicizia con Dio, producono molto frutto. Solo l’amore di Dio, porta molto frutto.
Ringraziamo il Signore per gli esempi di ieri e di oggi, che ci indicano la via anche per noi.
Non lasciamo spegnere la fiamma dell’amore dal buio delle circostanze. “Non siate tristi come coloro che non hanno speranza” ci diceva san Paolo.
+Livio vescovo