L’anniversario della nascita di Beata Benedetta. Leggi l'omelia del Vescovo

09/08/2023

L’omelia del Vescovo nella Messa dell'87° anniversario

della nascita di Beata Benedetta Bianchi Porro

(8 agosto 2023)


L’anniversario della nascita di Beata Benedetta è stato ricordato alla Badia di Dovadola con alcuni appuntamenti: sabato 5 agosto, con lo spettacolo “Sentirsi Benedetta. Nella storia di Beata Benedetta Bianchi Porro” della compagnia Gardart; domenica 6 agosto, con la messa celebrata dal parroco di Dovadola, don Giovanni Amati; lunedì 7, con la recita del rosario alla tomba di Beata Benedetta con la partecipazione dell’Unitalsi di Forlì; martedì 8 agosto con la Messa celebrata dal vescovo mons. Livio Corazza di ritorno dalla Gmg di Lisbona. 

Nella foto: sabato 5 agosto, con lo spettacolo “Sentirsi Benedetta. Nella storia di Beata Benedetta Bianchi Porro” della compagnia Gardart.

Pubblichiamo l’omelia del Vescovo.

Sono felice che questo appuntamento annuale avvenga dopo la GMG di Lisbona alla quale ho partecipato insieme a quasi 400 giovani di Forlì.
Eravamo in tanti e tante cose sono state dette, molti di voi hanno visto qualcosa.
Vi consiglio di vedere e riascoltare in particolare la via Crucis. La considero, sia da un punto di vista scenografico che dei racconti e testimonianze una delle più belle ed avvincenti.
Un’ora e mezza di puro godimento spirituale ed estetico. Il bello, il buono e il vero uniti e connessi.
Sono contento perché in molti messaggi è riconosciuto come un’eco della vita e del messaggio di Benedetta.
Sottolineo due parole e lancio un appello.

La prima parola è pellegrinaggio.
In occasione della Giornata Mondiale dei Giovani, papa Francesco ha dedicato un incontro anche agli Universitari. Il Papa, a partire da una frase della Rettrice sull’essere pellegrini, ha aggiunto: “È una parola bella, il cui significato merita di essere meditato; letteralmente vuol dire lasciare da parte la routine abituale e mettersi in cammino con un’intenzione, muovendosi attraverso i campi o oltre i propri confini, cioè fuori dalla propria zona di comfort verso un orizzonte di senso. Nel termine pellegrino vediamo rispecchiata la condizione umana, perché ognuno è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno risposta, o per lo meno non hanno una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a compiere, appunto un viaggio, a superare sé stessi, ad andare oltre. Essere pellegrino è camminare verso una meta o cercando una meta”.
Nella vita non si può girare a vuoto e non si può stare fermi. Essa è un pellegrinaggio con un punto di partenza e di arrivo. Il punto di partenza è la nascita. E il punto di arrivo è la comunione con Dio nella vita eterna.
Beata Benedetta non è nata beata. Ha compiuto un pellegrinaggio, duro e faticoso. Non si è arresa alle premesse di infelicità della sua condizione. Mi ha colpito che quest’anno moltissimi disabili fossero con noi. E la loro presenza era preziosa e prevista, anche nei luoghi da raggiungere. Merito anche della condizione del papa che si muove in carrozzina.  Ma non c’è solo la disabilità fisica ma anche quella spirituale.
San Paolo sottolinea le sue fragilità. Ma la sua fragilità non è un punto di arrivo ma di partenza. Inizia un pellegrinaggio di fiducia verso Dio e verso se stesso.
Verso Dio che ci illumina e ci solleva, e non ci abbandona mai.
Beata Benedetta un po’ alla volta ha compreso che Dio le voleva bene, non perché l’ha resa immobile, ma perché l’ha ricoperta d’amore.
L’amore le arrivava attraverso la sua famiglia, i suoi amici. Attraverso l’incontro quotidiano con Dio.
Dice ancora il Papa: “Non dobbiamo aver paura di sentirci inquieti, di pensare che quanto facciamo non basti”.
Nell’ascoltare le parole del Papa rivolte agli Universitari, ho ripensato molto anche a Benedetta, anche lei universitaria. Anche lei non si è rassegnata, non ha accettato di restare ferma, seduta, ma ha saputo cogliere l’opportunità che Dio le stava dando, imparando ad andare al di là della superfice. Basti pensare a cosa scrisse a Nicoletta nell’agosto 1963: “Nicoletta, ti voglio tanto bene, come il primo giorno che ci parlammo, anche se non te l’ho mai detto, perché quel giorno, per uno strano presentimento, capii che tu mi avresti aiutata, non solo all’Università, ma nell’altra Università: quella vera: quella di Dio…Ricordati che noi dobbiamo lavorare per il Regno, dobbiamo lavorare, noi che lo conosciamo, noi, che non siamo perciò, mai soli”.
Benedetta non ha avuto paura della sua sana inquietudine. Non si è fermata a guardare alla copertina del libro della sua vita. Ma ha accettato di sfogliarlo insieme ad alcune amiche che il Signore le aveva posto accanto.

L’altra parola che mi pare bello sottolineare è che stata ripetuta più volte è obrigado, che non esprime solo gratitudine per ciò che si è ricevuto, ma anche il desiderio di ricambiare il bene.
In questo evento di grazia, tutti noi abbiamo ricevuto e ora il Signore ci fa sentire il bisogno, tornando a casa, di condividere con gli altri, testimoniando la gioia, la gratuità di Dio, e quello che Dio ci ha messo nel cuore.
E, ogni volta che uno sentiva o diceva questa parola il volto si illuminava sia di chi la diceva sia di chi la riceveva. Dire grazie al Signore della vita, come l’ha detta Benedetta. E il grazie detto da Benedetta è impegnativo, e se lo dice lei, possiamo dirlo anche noi.
Grazie alle persone che ci stanno attorno.
Grazie per il dono della loro amicizia, per il dono delle loro attenzioni nei nostri confronti, anche se è un loro dovere.
E, se sentiamo di dire grazie per il dono di Benedetta, dobbiamo sentire anche il bisogno di condividerlo.
Ecco, allora, il mio appello.

Cari amici di Dovadola, Benedetta è un grande in dono che voi custodite nel vostro paese.
La pandemia è finita, anche ufficialmente, non abbiamo più scuse: dobbiamo conoscere di più e far conoscere Beata Benedetta.
Verranno dei pellegrini. Ma abbiamo la grande responsabilità di far incontrare l’esperienza di vita di Benedetta perché può essere motivo di gioia e fiducia in tanti giovani e non solo che l’hanno persa. A non arrendersi difronte alle difficoltà. Che Gesù è sale e luce della mia vita, della nostra vita, della loro vita. E che a tutti, dona gioia e amore. Luce e forza.
Attingiamo a Lui, come Benedetta, e riusciremo a cambiare il mondo. Erano oltre un milione e mezzo i giovani che sabato sera, nel parco del Tago, che si trova a nord del lungo ponte Vasco da Gama che ha preso il nome di «Campo della Grazia».

I momenti più significativi sono stati i 15 minuti di assoluto silenzio durante l’adorazione eucaristica. Un silenzio pieno di significati. Un silenzio di intimità con il Signore. Un silenzio da cui partire per accendere la vera luce che illumina il mondo e ricevere il sale che da sapore alla vita. Come lo è stato per Benedetta.