Dal 21 al 24 ottobre si svolge a Taranto la 49° Settimana sociale dei cattolici italiani che avrà come tema “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro, #tutto è connesso”.
Anche la diocesi di Forlì-Bertinoro si prepara a questo appuntamento della Chiesa italiana alla quale parteciperanno il vescovo, mons. Livio Corazza assieme a tre delegati: Luciano Ravaioli, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro, Sabrina Olivucci, della “Comunità Laudato si’ Salvaterra Romagna Forlivese” e Beatrice Rosetti della Caritas diocesana.
La scelta della città pugliese per la Settimana sociale intende porre l’attenzione sulla questione dell’ex Ilva, ma rappresenta anche una ripartenza per una riflessione più articolata e complessa sulle problematiche ambientali e sociali. Il faro resta l’enciclica sociale di Papa Francesco Laudato Si’ che pone al centro la categoria di ecologia integrale, da intendersi alla luce del nuovo documento pontificio Fratelli Tutti.
La Settimana Sociale punterà i riflettori sul rapporto tra ecologia ed economia, tra ambiente e lavoro, tra crisi ambientale e crisi sociale, nella consapevolezza che “non ci sono due crisi separate, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”.
Delle prospettive della Settimana Sociale parla il vescovo, mons. Livio Corazza in questa intervista
Quali sono le sue aspettative sulla Settimana di Taranto?
Vorrei una riflessione pacata e approfondita sulla dimensione sociale della fede, in un momento in cui spirano nel mondo venti di guerra e di violenza. Farla a Taranto spero sia utile per tutti, per renderci consapevoli sempre più di quanto sia vero che “siamo tutti collegati”. Il Sud ha grandi potenzialità, ma deve sciogliere grossi nodi e dare più spazio ad una realtà giovanile più attiva di quanto possa sembrare; il Nord deve liberarsi da un certo complesso di superiorità.
Cosa le piacerebbe “riconsegnare” alla nostra comunità diocesana dell’esperienza delle Settimane Sociali?
Consapevoli del grande patrimonio di idee, riflessioni e analisi contenute nella dottrina sociale della Chiesa, l’annuncio del vangelo non deve fermarsi al rito, ma va calato nella realtà concreta. Le nostre comunità devono essere aperte, inclusive, attente a chi soffre, a chi è solo o è alla ricerca di senso, senza paura del confronto con altri che non la pensano come noi.
Occorre capire che l’ecologia integrale in cui tutto è connesso, comporta a tutti i livelli, dai potenti all’ultimo cittadino, l’obbligo di coniugare libertà e responsabilità; la soluzione non spetta solo ai “decisori”, in capo ai quali sta comunque una grande responsabilità, ma ha bisogno dell’apporto di tutti noi singoli, famiglie e realtà associate.